Se da una parte, le vicende che hanno riguardato le sorti di Taranto possono, seppure egoisticamente, aprire prospettive favorevoli al consolidamento del sito ternano, nel senso del mantenimento di un polo produttivo nazionale, le dimissioni di Monti minacciano di complicare maledettamente le cose.
In verità, l’incontro di Roma fra Claudio De Vincenti e le istituzioni locali sul tema hanno prodotto, stando alle valutazioni del Sottosegretario, concrete garanzie sull’appetibilità del sito ternano da parte di importanti gruppi italiani e stranieri.
Tutto bene, allora?
Pensatela come volete, ma da ternano prudente (o se preferite, diffidente) solo a trattativa conclusa nei parametri auspicati, mi sentirò di gioire. Nel frattempo, sto con gli occhi aperti, anzi spalancati e consiglio a quanti, a vario titolo interessati alla vicenda, di tener desta l’attenzione.
E’ apprezzabile che il governo faccia sentire la sua voce sulla cessione che la Outokumpu intende fare della TK-Ast, in merito allo spessore dell’acquirente e alle modalità di vendita, per non deludere le attese italiane e locali.
Il rischio che questa possibilità sia destinata a naufragare esiste immutata, al pari della possibilità di consegnare solo alla venditrice la soluzione del problema. Il pericolo che i finlandesi lo facciano seguendo interessi personali è alto, così come è elevata la probabilità che la scelta non collimi con le aspettative della popolazione.
Non è il caso di fasciarsi la testa prima di essersela rotta, né di istruire processi alle intenzioni, ma trattare il tema nelle sedi istituzionali territoriali è ora diventata una priorità irrinunciabile e improcrastinabile.
La salvaguardia dei livelli produttivi, la conservazione di quelli qualitativi, il mantenimento della forza lavoro, il rifiuto di ‘spacchettamenti’, sono punti cardine da cui ha origine ogni valutazione responsabile sul tema. Le perplessità non mancano: qualcuno ha già detto che, nel caso di cessione, per sei mesi non ci saranno timori occupazionali. Questa non è un’affermazione tranquillizzante, se mai avesse preteso di esserlo. La domanda è: “poi.. che succederà?”
Se dovesse attivarsi un ricorso alle decisioni assunte dalla commissione antitrust della Comunità europea, quali probabilità ha di essere accolto? Chi ha più credito a presentarlo in vista di un eventuale accoglimento?
Tutte queste domande devono avere risposte precise. La città non può permettersi il lusso di vedersi limitare una risorsa primaria, intorno alla quale ruota oltre la metà del suo sistema economico.
Dovranno essere le istituzioni, le parti sociali, i politici locali, le forze produttive territoriali ad amplificare in sede nazionale ed europea le preoccupazioni e le speranze dei lavoratori della “Terni”.
Il silenzio che circonda il tema, le assicurazioni date, il distacco che si avverte nel quotidiano non sono il miglior modo di affrontare il delicato problema. La partecipazione deve essere collettiva.
Chiamare all’allerta tutti non è allarmismo fine a se stesso, ma strumento indispensabile a vigilare sull’evoluzione di eventi che possono segnare nel bene o nel male il futuro della città.
Terni, 12.12.’12
Giocondo Talamonti