disoccupazione giovanile


disoccupazione giovanile

“Orientamento”, quindi, come chiave di soluzione di tanti problemi sociali.

Che la crisi sia globale, non può costituire una scusa. Tutti abbiamo a che fare con gli effetti prodotti da uno dei periodi più tragici per l’economia internazionale e nazionale. Non serve neanche negarla, come si è fatto fino ad oggi, perché una crisi di tali proporzioni non si lascia sotterrare per scomparire nel nulla. Anzi, quando riaffiora lo fa con la forza di leggi fisiche che la vogliono pari alla spinta ricevuta per nasconderla. Le statistiche non hanno logica, ma nella spietatezza dei numeri hanno il merito della sintesi. E sanno parlare chiaro: l’Italia ha la percentuale di disoccupazione giovanile più alta d’Europa. Il 29.6% dei ragazzi in cerca di prima occupazione è sistematicamente respinto dal mercato del lavoro. Quasi un terzo della popolazione attiva, quella in grado di dare un contributo concreto alla produzione nazionale è umiliata sistematicamente dal rifiuto di prestare la propria opera. Le conseguenze sono disastrose, non solo per gli equilibri psichici individuali, ma per l’intero contesto sociale, a cominciare dalla famiglia e dai rapporti interpersonali.
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Ma il danno maggiore grava sullo stesso sistema economico, che diviene così causa ed effetto del fenomeno. I dati di Confartigianato sono allarmanti: un milione e centotrentottomila persone sotto i 35 anni non ha sbocco lavorativo in Italia. Nove punti percentuali ci dividono, in negativo, dalla media europea.
Il problema non è scoppiato all’improvviso, ma si è alimentato nel tempo nell’indifferenza di tutti. Non si è sentita l’urgenza di programmare la formazione, di analizzare gli indirizzi, di consolidare le competenze, di aggiornare le conoscenze, di interpretare gli sviluppi dei mercati esteri e nazionali. Anche nella nostra città aumenta la disoccupazione giovanile e nello stesso tempo le industrie locali cercano, per essere competitivi sui mercati, diplomati degli Istituti Tecnici e Professionali cioè risorse qualificate e specializzate rispondenti alle esigenze dell’industria e dell’artigianato. Nonostante questo il numero di iscritti ai Licei aumenta del 3%. Confindustria preoccupata è scesa in campo a livello locale e nazionale illustrando alle famiglie le necessità e le opportunità offerte dall’industria locale e nazionale.


In una parola, è stato ignorato un elemento decisivo delle tendenze che, a breve e medio termine, avrebbe avuto il mercato, fingendo di non sapere che esso è soggetto ad un’evoluzione naturale, progressiva e che, quindi, necessita di continui adattamenti. La defaillance italiana sta a testimoniare che abbiamo perso la sfida con i nostri soci-concorrenti. Siamo rimasti indietro, incapaci di competere perché impreparati a farlo.


Nessun operatore in proprio può permettersi di fare a meno di studiare gli effetti di una crisi e meno che mai dovrebbe farlo uno Stato che non sia rassegnato a navigare a vista, ma che consolidi le proprie forze sulla scorta della programmazione.
Il processo, che si potrebbe sintetizzare nel termine di “orientamento” non è semplice, ma i Paesi che hanno adottato una qualche forma di prevenzione godono, in questi periodi di difficoltà, di enormi vantaggi. Lo ha fatto la Finlandia, la Germania, lo fanno da sempre i paesi scandinavi, lo ha fatto la Spagna con il vantaggio di uscire dall’isolamento europeo del dopo-Franco.
Cosa significa orientare? Vuol dire programmare lo sviluppo di un Paese interpretando i settori economici di crescita e preparare le strutture istituzionali a formare le giovani generazioni dotandole delle competenze necessarie a vincere le sfide globali.


Ciò comporta che le strutture ministeriali interessate al tema organizzino sistemi di supporto allo sviluppo coordinando a livello periferico le attività formative (Scuola, educazione permanente, FTS) impegnate nel processo.
L’impegno è, in ogni caso totale, nel senso che non sono solo le associazioni di categoria ad essere chiamate a realizzare il progetto, ma anche le organizzazioni sindacali, troppo miopi al riguardo, insieme all’intero sistema statale e locale.
Fatta salva la libertà di ciascun giovane di intraprendere gli indirizzi formativi che più lo interessano, il coordinamento individua gli sbocchi lavorativi futuri, concentrando sugli aspetti dello sviluppo le attenzioni dei singoli, con risparmi consistenti per l’economia dello Stato e, di conseguenza, della società.
“Orientamento”, quindi, come chiave di soluzione di tanti problemi sociali.



Ing. Giocondo Talamonti



Abolire alcune province e mantenerne altre non è una risposta che risolve il problema del risparmio occorre dirigere la rotta verso tutti quegli enti inutili le cui funzioni possono essere svolte dalle province stesse. Se si vuole perseguire l’obiettivo del risparmio o dell’efficienza del servizio ai cittadini, altre sono le scelte da fare.


 La prima è quella della ridistribuzione territoriale fra le province d’una medesima regione. Non si comprende perché la provincia di Perugia inizi a 20 km da Terni (Spoleto e, poco di più la Valnerina) e quella di Terni s’estenda ad oltre 100 km (Fabro). Certo occorre che vi sia un emendamento alla manovra finanziaria che consenta ai territori di condividere il nuovo assetto che si va prefigurando.Terni ha bisogno di Perugia e viceversa per affrontare i problemi strategici dell’Umbria e della nazione considerando che Terni rappresenta una risorsa economica per l’intera Regione. E allora non è questione di campanilismi, ma di condividere un unico progetto alla base dello sviluppo dell’intera Regione, perché se ritenuta valida l’ottica del risparmio, anche la regione Umbria sarà presto considerata uno sperpero di denaro pubblico.


 La seconda proposta è quella di tentare di ripristinare l’antica configurazione territoriale che andava sotto il nome di Circoscrizione umbro-sabina con capoluogo Perugia, anche in considerazione che Rieti, da sempre, ha difficoltà ad adattarsi alla centralità di Roma, ha problemi di dimensioni necessariamente difformi, per entità e qualità, da quelli capitolini, strutturata com’è su una realtà territoriale più vicina alla sensibilità umbra, dalla quale proviene storicamente per essersene staccata solo meno di un secolo fa.


Giocondo Talamonti