Il sospetto che
volessero farlo fuori non è peregrino. E ci sono riusciti.
Insieme
all’atleta, è lecito nutrire un altro sospetto: che si è voluto colpire, cioè,
il tecnico Sandro Donati, uno dei primi a porre l’attenzione sul troppo facile
ricorso al doping nello sport.
Di lui conservo
una profonda considerazione, fin da quando partecipò, il 9 ottobre 1998, su
invito dell'Amatori Podistica Terni, al Convegno"Sport, Salute e
Doping"-
Nel corso di quel
Convegno, tenutosi presso la sala consiliare del Comune di Terni, furono spese
parole dense di significato, a riprova di quanto i relatori, Sandro Donati
Guido Calvi e Nedo Canetti, fossero impegnati nella lotta al doping: “…Un
atleta non muore a 39 anni- è stato detto in quella circostanza -
Se non è stato oggetto di attenzione di qualche medico di malaffare. Sarebbe
opportuno che nel mondo del ciclismo, per esempio, si andasse a verificare
quali sono le condizioni di salute di molti atleti che vivono una stagione
straordinaria, poi scompaiono, e la ragione perché un grande atleta come Riva,
uno dei più grandi calciatori italiani, o Rivera, fossero grandissimi atleti,
ma nel rivederli nei filmati li ritroviamo esili, magri rispetto alla
corpulenza che taluni atleti mostrano invece tutte le domeniche negli stadi. Ha
ragione Zeman, ha detto una cosa vera, denunciando le manovre illecite nascoste
dietro prestazioni sportive impossibili. Ha avuto il coraggio civile di dire
che i calciatori italiani, beh! Non nascono così, diventano così. Mi dispiace
molto per Schwazer.