Il giorno della libertà…


La riprova che la caduta di quel muro non significasse solo un passaggio libero da una parte all’altra di Berlino ma fosse il lasciapassare per far transitare un unico spirito di comunanza nelle coscienze, prima che nella Storia, sta tutto nello spettacolo di partecipazione svoltosi sotto gli occhi del mondo. Centinaia di migliaia di persone, fra cui tanti giovani, hanno voluto testimoniare l’invincibile speranza di poter vivere un’esistenza in funzione di quelle degli altri, di accettare una guerra solo in funzione della pace che ne deriva, di sapere come praticare e trasmettere i valori universali che uniscono gli uomini indipendentemente dalla loro cultura, ceto, razza e religione.


Abbiamo assistito al concreto esempio di come sia possibile superare le differenze fra simili, di come sia bello tenersi per mano, invocare l’uguaglianza e cantare in coro alla vita, come strategia per consolidare la pace.


Purtroppo i muri da abbattere non si esauriscono mai; per uno che cade dieci altri sorgono per mano dell’egoismo, dell’arroganza e della pretesa superiorità.


La caduta del muro di Berlino merita di essere festeggiata e conservata nella memoria di tutti, quale monito a non cadere di nuovo nell’ottusità, nella preclusione ad aprirsi per comprendere i dilemmi del mondo, curvi a contemplare e giustificare personali egoismi.


E che ci sia bisogno di un atteggiamento responsabile nei confronti dei mille problemi che affliggono l’umanità è dimostrato dalla meschinità di dare valore politico ad una manifestazione spontanea che inneggia allo spirito di libertà collettivo.


La “libertà” non ha né nomi né connotati definiti, non ha colori e non parla un’unica lingua, non crede in un dio solo e non distingue secondo il sesso. Eppure c’è sempre chi riesce a darle forma, misura e odore per giustificare la propria grettezza.


La legge che ha dichiarato il 9 novembre giorno dedicato alla “libertà” non rende onore nemmeno al suo concetto, solo perché la limita a uno spazio temporale entro cui la “Libertà” non può, non vuole e non deve essere rinchiusa.


Il luogo che le compete è la coscienza di tutti; lì può muoversi, crescere, alimentarsi di stimoli e di obiettivi, di desideri e di speranze, fino a divenire una proprietà collettiva e un valore comune.


Il resto è ignoranza.


Talamonti Giocondo