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“ bestemmie e linguaggi volgari… carenza educativa di famiglie, scuola e società”
La sensazione dominante di chi mostra un minimo di attenzione al panorama attuale della nostra società, è che i legami e i rapporti che la costituiscono si stanno gradualmente dissolvendo.
Lo possiamo vedere nella spasmodica lotta per il consenso che si determina in quasi tutte le occasioni di confronto fra qualsivoglia soggetti, siano essi politici o commentatori sportivi, concorrenti di reality show o portatori di opinioni diverse. I dibattiti non vengono legittimamente sostenuti da argomentazioni a sostegno dell’una o dell’altra posizione, ma sfociano quasi sempre in una demonizzazione dell’avversario di turno, concepito, spesso, come nemico da abbattere, fino a farlo oggetto di invettive e degli insulti più volgari possibili. Mentre un soggetto espone le sue convinzioni il cameraman non manca mai di inquadrare, come da copione, quella componente di fazione opposta, invitata direttamente per il contraddittorio o facente parte del pubblico, che oscilla la testa qua e là in segno di disapprovazione. Un messaggio diseducativo che va rimosso con l’acquisizione di una cultura collettiva che ponga al primo posto il rispetto dell’altro.
Fino a qualche tempo fa un fenomeno saltuario che prontamente produceva vigorose reazioni in nome di valori e principi perduti, ma che nella cosiddetta “civiltà contemporanea” è diventato piuttosto ricorrente tanto che passano inosservati i tentativi disperati di correggere le debolezze del sistema. Tutte le misure intraprese di volta in volta, per bloccare nelle intenzioni i vari danni d’immagine portati alle relazioni umane, hanno sistematicamente l’effetto che tutti vogliono; cioè nessuno.
Gli scenari sono i più disparati, si va dalle manifestazioni sportive alle trasmissioni televisive o radiofoniche in cui viene consentito l’uso di un linguaggio volgare, a volte perfino blasfemo.
E’a tutti noto il clima che circonda il calcio a livello nazionale dove gli ultras hanno buon gioco a scatenare problemi di ordine pubblico, ad alimentare ondate razziste e propositi devastanti, ad offendere e malmenare gli arbitri e a volte gli stessi giocatori, a loro volta, in molti casi, colpevoli di provocare reazioni nel pubblico con atti e con messaggi verbali irriverenti. E ciò non accade solo nel calcio, ma in tutti i raduni sportivi compresi quelli con i più innocenti obiettivi amatoriali, come ad esempio il podismo e le camminate salutari domenicali. L’arbitro in questi casi è il commissario tecnico, l’organizzatore o il volontario che si presta per la riuscita della manifestazione. Cosa fare se i pochi provvedimenti punitivi vengono in massima parte edulcorati in nome della comprensione sociale, del perdonismo da tifo, dell’accondiscendenza benevola da parte della pubblica opinione salvo poi, svegliarsi di botto e prendere atto che le vittime sistematicamente prodotte dal sistema avrebbero meritato una più decisa presa di posizione?
Occorrerebbe avere tutti il coraggio di rifiutare certe manifestazioni e certe trasmissioni, di schierarsi sempre contro chi, nello sport e nella vita, assume atteggiamenti violenti e usa un linguaggio fuori dalle righe, specialmente se raggiungono milioni di persone e, negli orari non protetti, anche i bambini; un modo efficace di raddrizzare le cose, consapevoli, però della difficoltà ad attuarlo ed, inoltre, del fatto che la condanna e la ricerca dell’auditel non modificheranno atteggiamenti analoghi in futuro.
In concreto, invece, non si può far finta di ignorare che il problema risiede nella carenza educativa di famiglie, scuola e società, che quelle intemperanze sono sintomi di violenza, di sopraffazione e che si è persa l’abitudine a controllare civilmente il dissenso e la propria opposizione. Che ci si deve aspettare, d’altronde, dalle manifestazioni di opinioni personali da contrapporre a quelle degli altri se giornalmente in televisione si assiste al turpiloquio, all’offesa continua, alla bestemmia, alla volgarità becera di sopraffare l’interlocutore alzando la voce?
Nessun comportamento sociale è avulso dal tempo che lo vive. Tant’è; né basta il richiamo alla moderazione di una voce che si perde nel deserto. O siamo tutti a reagire oppure teniamoci, come ogni popolo, il re che si merita.
Giocondo Talamonti