Le liste d'attesa



Le liste d’attesa, anche per esami semplici, s’allungano inesorabilmente nel servizio sanitario locale. Ogni attesa crea ansia e seria preoccupazione, perché trattasi di salute.


In Africa, in Tanzania per la precisione, vengono addestrati topi per rilevare, grazie al loro eccezionale olfatto, la presenza della malattia infettiva causata da micobatteri in campioni di saliva. Ognuno di essi riesce ad analizzarne 40 in sette minuti, laddove un laboratorio attrezzato impiegherebbe una giornata intera. I topi lavorano un’ora al giorno (e non per motivi sindacali) per quattro anni, il tempo della durata media della loro vita. L’addestramento costa seimila euro a topo, ma l’investimento è pienamente giustificato. I conti se li sanno fare, i tanzaniani.


Meno, sembra, sappiamo farli noi a casa nostra, dove le attrezzature e i macchinari diagnostici, che per ovvi motivi sostituiscono gli animali, vengono utilizzati per un tempo sicuramente inferiore alla prestazione dei roditori se relazionati al costo-macchina per ora, e peggio ancora se si fa riferimento alla rapidità della loro obsolescenza tecnologica.


Non si capisce perché gli strumenti diagnostici di dotazione pubblica debbano lavorare solo per un turno, quando sarebbe più semplice occuparli per le intere ventiquattro ore della giornata, stabilendo tre turni con relativi tecnici di laboratorio impegnati nella gestione.


I vantaggi, oltre a quello di creare meno disagi agli utenti, si traducono in un risparmio per i rimborsi dovuti alle strutture private per le urgenze e offrono più rapide diagnosi e, quindi, più efficaci e tempestivi interventi terapeutici.
Un servizio, qual è quello della salute, non può essere ridotto a limiti d’orario, al pari d’un ufficio del catasto o della motorizzazione, né si può pretendere che i cittadini debbano solo ricorrere al privato per veder soddisfatte le proprie esigenze sanitarie. Contare su seri riferimenti organizzativi è un dovere per l’Amministrazione e un diritto per il malato. Il servizio diagnostico a disposizione della comunità deve estendersi all’intera giornata, fatta salva la libertà di ciascuno di rinunciare alle prestazioni ospedaliere in orario notturno.


Sarà più facile razionalizzare il servizio, o ricorrere anche noi ai sorci paramedici?


Giocondo Talamonti

* Venerdì di Repubblica, n. 1152 del 16 aprile 2010.