Sembra che la vendita di biciclette sia aumentata notevolmente. Detta così, la notizia si presta a varie interpretazioni. E’ la crisi? E’ la voglia di fare moto? E’ l’accesso facilitato in città e nelle zone a traffico limitato che ne consiglia l’acquisto? E’ la moda, cui non sa sottrarsi nessuno?Indipendentemente dalla scelta, il fenomeno, date le dimensioni assunte, necessita di un’analisi, utile ad interpretarne gli aspetti, a misurarne gli eccessi, a valutarne i benefici.
Cominciamo col dire che le strade extraurbane, sede acquisita per diritto dagli automobilisti e motociclisti, tanto che pagano una tassa per occuparla, mal sopporta l’invadenza del popolo di ciclisti festivi e prefestivi. Soprattutto i fruitori a pagamento di percorsi statali e provinciali non digeriscono lo schieramento affiancato dei fanatici del pedale, spesso l’allineamento a tre, insensibili alle strombazzate, sordi alle regole della circolazione, così come alle imprecazioni che li colpiscono appena sorpassati.Se solo immaginassero per quanti centimetri salvano ripetutamente la vita e quanti sospiri di scampato pericolo emette ogni volta l’automobilista riuscito nell’impresa, sono convinto che la sgambata in bici con gli amici se la farebbero non in maglietta e calzoncini plurisponsorizzati, ma in armatura medioevale.Sempre meglio, comunque, vederli affrontare le variazioni altimetriche della strada in compagnia, che da soli, perché le sensazioni di chi li osserva, specie se dall’interno di una berlina dotata di aria condizionata, spaziano dal ridicolo al patetico, con sfumature masochistico-espiatrici.
Ricordo un giorno d’agosto di aver incontrato un ragioniere di mia conoscenza impegnato nella salita che porta a Marmore, sbuffare come una vecchia vaporiera, paonazzo in volto, con un filo di bava alla bocca, che arrancava sull’asfalto infuocato. Una scena penosa, una visione impressionante che avrebbe squagliato anche il cuore di pietra di un menefreghista. Se non mi sono fermato a soccorrere l’agonizzante è stato solo perché il giorno prima m’aveva detto che sarebbe andato per una settimana in un body-center di grido per recuperare la linea fisica perduta. Non mi andava di mettere l’ennesimo Fantozzi di fronte all’evidenza della bugia.L’aspetto positivo è che l’esercizio fisico fa bene.
E’ vero, ci mancano le strutture minime,quelle, per intenderci, di cui dispongono paesi europei come noi interessati a sostenere questa attività fisica. Ci mancano le piste ciclabili, ci mancano i controlli su strada per monitorare e anche difendere chi affronta il rischio di percorsi più lunghi, ma i benefici per la salute e l’economia delle strutture sanitarie sono indiscutibili.Altrettanto dicasi per la marcia, strumento ancor meno dispendioso e altrettanto prodigo di vantaggi salutari.Sarebbe bello che qualcuno si prendesse cura di queste pratiche utili alla comunità, che si cominciasse a discuterne nelle scuole, incoraggiandone l’esercizio, che il CONI e il MIUR arrivassero a perseguire obiettivi comuni per farla diventare una disciplina ambita.E’ inutile lamentarsi che ai mondiali di atletica l’Italia non abbia vinto alcuna medaglia. La sana abitudine di una volta di selezionare atleti già nelle scuole, si è persa. La cultura di sacrificarsi per ottenere risultati nello sport è affondata nel mare magnum di sostanze proibite, di interessi economici, di facili traguardi.
La Scuola deve riacquisire quel ruolo perduto di educatrice, di dispensatrice di valori, sottrattole da un errato concetto di competitività e da spinte provenienti da una società troppo adagiata sull’idea di avere tutto e subito.Quando si tratta di prendere posizioni che valgono il bene di tutti, è opportuno che ciascuno faccia la sua parte senza attendere priorità di intervento. Comincino i Consigli d’Istituto a incoraggiare i ragazzi, li sostengano le famiglie, siano i docenti a far loro apprezzare il lato formativo di un sacrificio, sia esso fisico o morale, si diano da fare le Istituzioni territoriali, si premino i migliori e quelli che pur non rientrando tra i migliori hanno saputo interpretare meglio il senso di ‘sport’.Qualche atleta sul podio lo rivedremmo anche noi ai prossimi mondiali.
Giocondo Talamonti