Cominciamo dalla scuola...

Con ripetitività sconcertante e con altrettanta regolarità, un altro fatto di doping nello sport viene alla luce. Un bobista italiano, William Frullani, viene beccato positivo alla dimethylamylamine durante le Olimpiadi di Sochi. Ma perché ricorrerci, visto che ogni scorrettezza alla fine affiora? La risposta è tragica e lascia poche speranze a chi lotta per la lealtà nello sport. Con buona pace dei donchisciotte dell’onestà, è evidente che solo una minima parte degli illeciti viene scoperta. Una percentuale talmente ridotta da consigliare di poter correre il rischio e farla franca. Il ricorso a sostanze proibite è, purtroppo, percentualmente rilevante; i laboratori d’analisi non sono attrezzati a individuare tutti gli elementi chimici vietati e, quel che è peggio, certi organismi hanno interesse a chiudere colpevolmente gli occhi su situazioni eclatanti per costruire falsi campioni (leggi Tour de France e Armstrong); uno stuolo di medici e chimici si districano agevolmente fra alambicchi e ampolle per rendere sempre più complicato individuare l’uso di sostanze proibite.

Un esempio pessimo per i giovani e per chiunque altro si appresti a misurare le proprie capacità fisiche e mentali con un avversario. Il fenomeno, quando si verifica in competizioni internazionali, investe l’immagine di un’intera nazione con danni incalcolabili per la credibilità del paese.

La tolleranza è stata eccessiva in tempi meno esigenti, ora la volontà di reagire al fenomeno esiste, ma non è accompagnata da tecniche di rilevazione del fenomeno capaci di stare almeno in linea con i progressi dei trasgressori.

Nella rincorsa, tuttavia, non si deve concentrare ogni attenzione. L’obbiettivo non è come smascherare i dopati, ma educare i soggetti al rispetto delle regole e all’etica della competizione, inculcando principi di lealtà sportiva, utile nel confronto e in ogni altro contesto sociale.

Prima digestio fit in ore, la prima digestione avviene nella bocca, dicevano i latini. Ecco, allora anche noi cominciamo dalla scuola, incidendo sull’educazione dei giovani e invitiamoli a riflettere sugli effetti del doping come negazione di onestà e lealtà sportiva e a combatterne il ricorso in un’ottica di etica individuale e collettiva.


Terni, 25 febbraio 2014



Giocondo Talamonti