Sanità e liste d’attesa: agire
secondo schemi imprenditoriali
di GIOCONDO
TALAMONTI*
I pur
incoraggianti dati che la regione Umbria ha fatto registrare in materia di
gestione del servizio sanitario non consentono di vivere sugli allori, dal
momento che l’ottimizzazione è ancora lontana, se l’intendiamo come capace di
rispondere appieno alle esigenze dei cittadini. Parlare di “servizio” può
essere fuorviante rispetto alle finalità che persegue il comparto
dell’assistenza sanitaria. Meglio sarebbe se vedessimo, tutti, le prestazioni
offerte nella prospettiva imprenditoriale. In questa ottica, appare più facile
individuare soluzioni alle liste di attesa sempre più lunghe, visite e
operazioni chirurgiche rimandate, quasi sempre connesse a problemi di
disponibilità operative e quasi mai a carenze di strumenti e macchinari.
Una logica
utilitaristica pretenderebbe di lavorare su due o tre turni giornalieri in
presenza di richieste prestazionali; cosa troppo spesso trascurata nella
gestione ospedaliera. La piena utilizzazione dei macchinari, in specie i più
costosi, oltre che a questi principi d’ordine economico, si impone per la
rapidità con cui essi diventano obsoleti, a volte molto prima che il costo sia
stato ammortizzato, traducendo il “servizio” in uno sperpero di danaro pubblico
e preclusione di maggiore occupazione all’interno della struttura.
Non ha senso
aspettare tempi biblici per una risonanza o un ecodoppler solo perché le
attrezzature vengono utilizzate nei tempi e periodi sindacalmente rispondenti
al contratto collettivo di lavoro, mentre si darebbe una risposta concreta al
cittadino e alla società se si potesse evadere le richieste in modo rapido ed
esaustivo.
Capita che i cittadini di una regione, e noi siamo fra questi, debbano
ricorrere ad altre strutture extraregionali o provinciali per ottenere analisi
o assistenza in tempi che diventano basilari per il superamento di una
malattia, innestando fenomeni di “mobilità passiva” che sono, oltre che un
costo per l’amministrazione locale, la rinuncia a rendere anche il “servizio”.
La mobilità, i cui effetti meritano un approfondito studio, può essere
un’opportunità economica, specie in considerazione del fenomeno che vede una
immigrazione dall’alto Lazio di un numero crescente di pazienti. Ci deve essere
la volontà di non considerare il comparto come un’attività inevitabilmente in
perdita e, quindi, immeritevole di attenzioni che ne limitino o annullino il
peso finanziario
gestionale.
A questi
obiettivi di base può collegarsi la riorganizzazione territoriale che vede il
nuovo ospedale di Terni, il nuovo ospedale Narni Amelia e clinica privata legata
alla realizzazione del nuovo stadio cittadino, l’ASL e l’Università
partecipare, come filiera, al più vasto programma che include, scuola, ricerca,
innovazione e imprese. Ma il presupposto è quello teorizzato sopra: un
“servizio” non necessariamente passivo, ma
aggiornato e connesso alle esigenze dei cittadini tramite il ricorso a principi
di “economicità produttiva” in grado di esaltare qualità professionali e
avanzamento tecnologico.
Presidente
Ass. Berlinguer, Terni