Nel programma di tutti i
governi, non escluso quello attuale si parla di giustizia fiscale da perseguire
anche con la lotta all’evasione.
I diversi condoni fatti negli anni precedenti
hanno dimostrato la tiepidezza dei tentativi, dando la percezione che non si
volesse agire seriamente.
Oggi i mezzi tecnologici
esistenti consentono di incrociare i dati.
Purtroppo l’attenzione al
problema, da parte della gente comune e anche da parte dei mass media sembra,
come sempre, scemare perché assuefatta alle promesse avanzate in merito dai
politici e mai mantenute.
Si accetta di tutto; è noto
che ci sono soggetti che hanno portato fuori dal paese milioni di euro e poi li
hanno fatti rientrare con scudi fiscali al 5%.
Basterebbe, semplicemente,
esercitare uno stretto controllo fra coloro che hanno aderito ai condoni o alla
cosiddetta “pace fiscale” perché non si ripeta il “giochino” e sia così limitato
ad una sola volta.
La dichiarazione dei redditi
infedele è uno dei reati che più frequentemente viene contestato ai
contribuenti.
Se vogliamo snidare i
disonesti, ma anche le multinazionali che portano i loro risparmi all’estero ed
evadono miliardi di euro di imposte, dobbiamo farlo seriamente con una
collaborazione internazionale, che indichi, prima fra tutte, l’adozione di
soppressione dei paradisi fiscali comunitari (Lussemburgo, Olanda, Irlanda,
Cipro, Malta). Solo così si potranno conoscere i nominativi di chi tradisce il
proprio Paese.
I 120 e più miliardi di euro
in cui è stata stimata l'evasione (per non parlare dell'elusione cioè di quei
comportamenti diretti ad aggirare il fisco con espedienti formalmente
ineccepibili), potrebbero essere recuperati attuando una giusta politica
fiscale, puntualmente annunciata ad ogni cambio di governo, ma mai realizzata.
Per prima cosa bisogna incidere sui
comportamenti perché si inizi a mettere al primo posto la “questione morale”
unico mezzo per contrastare l’evasione e l’elusione fiscale. C’è la volontà di
farlo? …se c’è, facciamolo seriamente.