Papa Giovanni Paolo II morì il 2 aprile 2005. I funerali si
svolsero sei giorni dopo in Piazza San Pietro, ovvero l'8 aprile.
Si riporta l'intervento effettuato il 7 aprile 2005, all'assemblea
degli studenti dell'Ipsia "S. Pertini", sulla figura di Papa Karol
Józef Wojtyła e ritenendolo attuale lo ripropongo ad una platea più
vasta.
Giocondo Talamonti
“Voi atleti avete una responsabilità…”
La figura di Giovanni Paolo II che mi accingo a ricordare va oltre
la commemorazione dell’Uomo e induce ad una riflessione di portata
storica,senza distinguo per le diverse fedi e culture del mondo.
Il Suo
pontificato ha tracciato un cammino indelebile per ogni essere che abbia il
desiderio di partecipare in maniera fattiva alla crescita di una comunità, un
esempio di rigore etico che si realizza nella preoccupazione per i più
bisognosi ed i più deboli.
Nessuno dei ternani ha dimenticato la sua visita alle Acciaierie,
quando, operaio fra gli operai, ha avuto parole di conforto per quanti lo
ascoltavano.
L’umiltà e la capacità di comprendere le ansie e le attese
dei lavoratori ne hanno fatto un simbolo della dura vita nella fabbrica e nelle
officine.
Credibile, perché
testimone di esperienze maturate da giovane nell’industria del suo Paese in
condizioni certamente più difficili rispetto a quelle vissute oggi dalla nostra
classe operaia.
Le sue parole, in quell’occasione, si rivolsero alla dignità
del lavoro e a quella della persona, nobilitando ogni
attività svolta con sacrificio a vantaggio proprio, ma soprattutto della
collettività.
Lo ricordo nei momenti difficili vissuti dalla mia città,
dimostrando alla città di Terni, ai lavoratori dell’AST la sua
solidarietà e manifestandola al mondo durante l’Angelus in Piazza S. Pietro,
nel richiamare ancora una volta le attenzioni sul lavoro e della sua dignità.
Le orme lasciate dal Papa di tutti, dal Papa GRANDE, indicano un
cammino preciso, che tutti gli uomini di coscienza sono stimolati a seguire se
mirano ad obiettivi di convivenza, solidarietà ed
amore per chiunque dei loro simili.
La Sua figura storica si è imposta grazie ad una visione
universale della vita che uguaglia individuo ad individuo, senza
riguardi per dove viva, né per il colore della pelle, né per la religione che
professa.
Un messaggio globale, aperto alle speranze di ogni abitante della
Terra di vivere nella dignità la sua esperienza di uomo.
Un insegnamento che non si può dimenticare, né tanto meno lo può
trascurare chi è chiamato a gestire le scelte e la sorte di una Comunità,
indipendentemente dal numero che la compone.
E’ quindi un dovere per tutti conservare insieme al ricordo
dell’uomo Wojtyla, l’indicazione che ha dato al mondo intero sulla convivenza
pacifica e l’amore fra simili.
Ricordo, nel 2003, l’impegno del Papa contro la guerra invitando
tutti a digiunare. “E’ una cosa importante, pensate al valore di tanti papà o
nonni, che, a tavola, rifiuteranno di mangiare e diranno ai loro bambini che è
per difendere la pace”.
Aggiunse, in occasione della prima Guerra del Golfo: “ La
guerra è un’avventura senza ritorno. Deve sempre prevalere il dialogo,
la ragione e la pazienza”.
E io, insieme a Lui, dico a voce alta che non esistono Guerre
Sante o bombe intelligenti.
Divulgò, così, il grande valore del rifiuto della guerra,
ripudiandola come mezzo di soluzione dei problemi.
Non è stato ascoltato; ed è triste che oggi i mezzi di
informazione non diano lo spazio dovuto alla Sua posizione.
Tutti noi dobbiamo fare tesoro del pensiero del nostro Papa e
risolvere politicamente, sempre, le controversie internazionali. La
pace deve costituire un imperativo per tutti, se vogliamo riconoscere
al Papa il rispetto che merita.
Non ha avuto timore di scontrarsi e condannare il totalitarismo
politico, né quello economico e si è posto a difensore delle vittime dell’uno e
dell’altro.
Ha criticato l’URSS, come gli USA, ambedue colpevoli di
violentare, l’una e gli altri, la pace all’interno e all’esterno delle nazioni.
Ma soprattutto è stato capace di restituire ai più deboli la
fiducia nel ruolo che ogni uomo è chiamato a svolgere nella società,
ribadendo il rispetto reciproco, nella diversità delle idee, per contribuire a
creare un mondo più giusto attraverso la pratica dei valori di umanità e
dignità.
Le cure amorevoli di Giovanni Paolo II per i giovani e le
attenzioni al loro mondo ed ai loro problemi, nascono non solo dal trasporto
che ogni papà riserva ai suoi figli, ma dalla consapevolezza che essi saranno
il motore della società a venire.
Più sapremo comprendere i percorsi complessi della loro
crescita, più essi si sentiranno protetti nell’autonomia delle scelte, giuste o
sbagliate che siano, purché finalizzate a creare un’identità consapevole dei
ruoli sociali che li attendono.
Il Pontefice sapeva parlare ai ragazzi, sapeva toccare i loro
interessi e le corde del cuore, riusciva ad estrarre da loro tutto il bene di
cui i giovani sono capaci quando gli adulti si pongono all’ascolto dei loro
affanni con la sincerità di un amico e l’amore di un genitore.
L’aver compreso quanto importante sia lo sport nella
formazione dei giovani e nel recupero degli handicappati, ha portato il Papa ad
intervenire al Giubileo dello Sport a Roma, condividendo con i ragazzi
l’entusiasmo dell’evento, senza perdere l’opportunità di ribadire la lealtà
nello sport, come esercizio di correttezza civile e sociale.
Significativa fu la frase pronunciata in quella occasione e che mi
colpì, essendo presente all’Olimpico in qualità di Presidente nazionale degli
Sport Popolari: “ …Voi atleti siete spesso negli occhi del pubblico.
… avete una responsabilità soprattutto nei confronti dei giovani e
dei bambini che vi guardano come modelli”.
L’educazione alla pratica sportiva, nel senso del suo
approccio etico, deve nascere da solidi convincimenti interiori, maturati
attraverso percorsi spesso difficili, ma affrontabili con il sostegno
dell’esperienza degli adulti, quando questi siano in grado di farsi comprendere
e condividere con dedizione il processo di crescita.
Giovanni Paolo II lo ha fatto, riuscendoci.
Noi adulti: nonni, genitori, insegnanti, abbiamo il dovere
di seguire il Suo esempio, aprendoci alla comprensione dei ragazzi con l’umiltà
di chi “papa” non è, ma che sia convinto che solo l’amore può aprire porte che
sembrano blindate.
Il suo messaggio non è rivolto alla tolleranza fra
gli uomini, perché il concetto di per sé implica un’accettazione passiva
dell’altro.
Al contrario, la sua missione si è ispirata al rispetto del
prossimo, a quello delle opinioni diverse che investono, come denominatore
comune, le coscienze dei cattolici e dei laici.
Perché l’esempio di Giovanni Paolo II non rischi di disperdersi
nell’emozione del momento, spetta a noi vivi, continuare i Suoi insegnamenti
sulla Pace, sulla dignità del lavoro ed il rispetto delle opinioni di tutti.
Terni, 7 aprile 2005
Il Dirigente Scolastico
Giocondo Talamonti