A proposito di Eluana...



E’ deludente costatare come i rappresentanti di una Lista che si rifà a principi di libertà abiurino la propria essenza negando il valore assoluto di disporre di un bene primario, come la vita.

E tutto questo in ragione di un pregiudizio pseudo religioso che vuole la sofferenza dell’uomo passaggio obbligato per espiare la ‘colpa’ che ognuno si trascina: quella di vivere.

Non è questa la sede per assodare se l’accanimento terapeutico praticato su un organismo, senza speranza di recupero, sia un atto dovuto, un atto d’amore o, piuttosto, un compromesso inutile della scienza medica condizionata da posizioni più vaticaniste che religiose, più ipocrite che politiche.

Sulla sacralità della vita, nessun dubbio. Sulla necessità di infierire inutilmente su un corpo di cui sia certa l’assenza di qualsiasi reazione, molti.
Della potenzialità salvifica della sofferenza, indegna emulazione di quella di Cristo sulla Croce, non sono in grado di dissertare, ma la logica vorrebbe che quel tipo di pena fosse relazionato alla consapevolezza della missione.
Decidere dall’esterno l’interruzione della vita di un essere umano è estremamente complesso, ma se questa intenzione risulta espressa dall’interessato in tempi di salute fisica e mentale, mi piacerebbe sapere dai “depositari della verità” o dagli “interpreti della fede” perché Dio, Bontà Assoluta, possa consentire l’esercizio della sofferenza su un corpo assolutamente inerme.



E’ il caso che ha visto protagonista, suo malgrado, Eluana Englaro e difensore estremo e convinto suo padre Giuseppe; lui sì, titolato, per aver vissuto sulla sua pelle, vicende mediatiche che rispondevano solo a ordini politici irrispettosi del suo dolore.



Giocondo Talamonti