Sintesi dell’intervento del gruppo RC/CI in Consiglio Comunale il 18 gennaio 2010
Quando Terni ha fortemente voluto la presenza di un polo universitario in città , non si è trattato della bizzarria di politici locali o del desiderio emulativo nei confronti del capoluogo di regione.
Era un’esigenza, e tale è rimasta, per credere nello sviluppo organico del territorio, per armonizzare la sua crescita culturale e innovativa, per conservare il patrimonio tecnologico legato alla vocazionalità cittadina.
Oggi, la riprova che i politici del tempo avevano visto giusto, è data dalla risonanza che facoltà quali Medicina e Ingegneria hanno avuto sul territorio e nelle relazioni con altre Università sia a livello nazionale che internazionale.
Il Polo Universitario ternano è un sistema intorno al quale ruotano una serie di attività complementari d’ordine economico, di supporto logistico e di ricerca che investe i trasporti, il settore immobiliare, la ristorazione, il tempo libero degli studenti, la valorizzazione turistico-culturale del nostro comprensorio.
Di tale interesse si sono trovate investite realtà del circondario, come Collescipoli, che hanno conosciuto un processo di rivitalizzazione del centro storico, investimenti pubblici e privati nati a sostegno di una rinascita culturale e materiale troppo a lungo attesa, nonostante le pressanti richieste provenienti per anni dalla popolazione.
Prima che qualcuno lamenti di ascoltare il solito ritornello di lagnanze ternane nei confronti di Perugia, sarà bene ricordare l’inadeguatezza delle sedi che ospitano alcune facoltà .
Ingegneria ancora dispone di aule senza finestre e di strutture improprie.
In testa, ma soprattutto nelle coscienze, sarebbe il caso di metterci una serie di considerazioni, prima delle quali la valorizzazione del patrimonio formativo degli studenti e dei ricercatori.
Se si ha ancora difficoltà a capire che dall’innovazione, dalla ricerca, dallo studio applicativo delle tecnologie dipende la fisionomia che una città è destinata ad assumere nel tempo, allora significa che qualcosa si è frainteso a livello di indirizzi politici nazionali e regionali.
Peggio ancora se niente si è capito di come l’evoluzione sociale, economica e culturale di una comunità procede.
Troppo spesso l’assenza di umiltà da parte di chi è chiamato a fare delle scelte, l’arroganza di quanti ritengono che una carica politica sia il riconoscimento imperituro di competenze innate, producono i peggiori disastri materiali nella società .
Un esempio concreto è stato il dimensionamento scolastico a Terni: danni enormi, logistici, didattici, organizzativi dovuti alla presunzione di poteri decisionali che hanno obbligato a stravolgere le identità di indirizzi formativi e ogni logica strutturale.
Quei responsabili politici hanno ritenuto di poter fare a meno del confronto dialettico con le parti interessate, dei suggerimenti degli addetti ai lavori, della valutazione delle realtà coinvolte nel processo di dimensionamento, affidandosi esclusivamente a pretese capacità individuali di scelta.
Ecco, con l’Università non facciamo gli stessi errori.
Nessuno è depositario di verità indiscutibili; la gestione del territorio ha esigenze che devono essere confrontate, commisurate e soddisfatte nell’interesse di tutti.
Grazie a Dio, non esiste chi è in grado di assommare in sé ogni settore di conoscenza e più cauti occorre essere quando le scelte da prendere sono destinate a connotare il futuro di un’intera comunità .
Terni, pur adattando nel tempo le vocazionalità territoriali, ha bisogno di seguire una logica progettuale che guarda al consolidamento industriale, sia in termini di siderurgia, che di chimica, sia nel consolidamento del terziario che nella valorizzazione turistica, e per svolgere questo compito necessita di aprirsi al confronto delle idee, ad accogliere ogni utile suggerimento, a dibattere ogni proposta avendo quale obiettivo primario il bene della comunità .
La presenza della TK-AST e di una serie di altre industrie di rilievo nel territorio impone che le soluzioni politiche vengano improntate a favorire lo sviluppo di una filiera che va dalla ricerca all’applicazione pratica delle risultanze di studio.
Quando si è obbligati a costatare che solo una piccolissima percentuale dei laureati in ingegneria viene occupato nell’industria locale, significa che poco si è fatto per favorire un processo di trasferimento degli indirizzi tecnico-formativi dall’Università al mondo del lavoro locale.
Sul banco degli imputati dobbiamo metterci tutti e, dall’amara costatazione del fallimento, trarre almeno la convinzione di evitare gli stessi errori per il futuro.
Alcune problematiche sollevate questi giorni:
• politica degli spazi
• il numero delle docenze rispondenti alla circolare 160 del Ministero;
• il Personale amministrativo per la gestione dell’Università di Medicina;
• Consorzio Universitario nato come cabina di regia e come soggetto per ricevere i finanziamenti da parte di tutti (Istituzioni, fondazione, Università , privati);
• la razionalizzazione delle facoltà (numero delle sedi e analisi dei costi),
ci inducono a riesaminare le scelte fatte sotto un’ottica diversa e precisamente a riconsiderarle come progetto per la città .
Il sistema locale richiede il potenziamento di riferimenti che, in sintonia con le caratteristiche ambientali, si dovrebbero distinguere per l’unicità e per l’ eccellenza.
E’ necessario rendere costante la presenza dei docenti negli Istituti universitari. Attualmente gran parte dei professori viene una volta alla settimana (e per poche ore) da Perugia pretendendo di formare così i giovani corsisti.
Non è questo il tipo di ricerca che vogliamo a Terni, che vuole la città e che serve a studenti e cittadini. Pertanto occorre puntare su una ricerca di qualità in grado di servire e rispondere alle esigenze di settore, concentrare gli studi su specifici campi clinici, renderli poli attrattivi e competitivi, tali da richiamare specificità regionali ed extraregionali.
Le risorse economiche derivanti da questo tipo di programmazione consentiranno ulteriori e susseguenti finanziamenti, in grado di perfezionare conoscenze e competenze fino ad estendere il richiamo a livello europeo e garantire alla città introiti finanziari di sicuro interesse.
Occorre puntare, anche per riprendersi dalla crisi, su tre cose fondamentali:
Educazione Permanente degli Adulti; Centri di Eccellenza Università (con la proposizione di uno stretto legame fra Ingegneria e Medicina nella prospettiva di creare un polo di eccellenza biomedicale).
Nella consapevolezza che lo sviluppo delle nuove tecnologie è il cuore della Strategia di Lisbona, è il traguardo di crescita per il nuovo millennio fissato nel 2000 dal Consiglio europeo: “trasformare l’Europa nell’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e maggiore coesione sociale”, occorre dedicarsi ad una impostazione della conoscenza e dell’innovazione, in grado di aprire una nuova stagione di sviluppo.
Ecco perchè il legame fra l’Istruzione, l’Università , la ricerca, l’impresa, la formazione, l’alta formazione sono tappe di un’unica filiera su cui scommettere non solo per la sopravvivenza del polo universitario ternano, ma anche per legare la città al processo di sviluppo.
Il « Patto per il Territorio » firmato in occasione della vertenza « magnetico » del 2004 impegna il governo, le Istituzioni locali e la multinazionale TK-AST a investire, tra l’altro, sull’Istruzione e sull’Università .
Come si può pensare, infatti, di mantenere efficiente il locale polo industriale della Chimica senza creare le premesse formative nelle sedi della scuola secondaria e dell’Università ?
Il sistema logistico e organizzativo del polo universitario va senza ombra di dubbio rivisto ma, sono del parere che, una volta razionalizzato, le disponibilità finanziarie che restano non possono essere disperse nel mantenimento di corsi che non hanno a che vedere con la vocazionalità del territorio piuttosto che concentrarle nei settori basilari su cui si fonda l’economia locale.
L’occasione di ripensamento del sistema riorganizzativo del Polo universitario serva anche a diversificare lo sviluppo economico nel nostro territorio caratterizzato principalmente da imprese che operano a livello multinazionale e da cooperative di servizi mentre è scarsamente rappresentato nel settore manifatturiero.
Ciò significa che è opportuno investire sui giovani da cui possono arrivare idee utili per creare lavoro, tanto meglio se in grado di affermarsi sotto il profilo di impresa cooperativa nella realizzazione di prodotti finiti.
L’università legata all’innovazione tecnologica è la sfida vincente per essere competitivi sui mercati locali, nazionali e internazionali.
Quando Terni ha fortemente voluto la presenza di un polo universitario in città , non si è trattato della bizzarria di politici locali o del desiderio emulativo nei confronti del capoluogo di regione.
Era un’esigenza, e tale è rimasta, per credere nello sviluppo organico del territorio, per armonizzare la sua crescita culturale e innovativa, per conservare il patrimonio tecnologico legato alla vocazionalità cittadina.
Oggi, la riprova che i politici del tempo avevano visto giusto, è data dalla risonanza che facoltà quali Medicina e Ingegneria hanno avuto sul territorio e nelle relazioni con altre Università sia a livello nazionale che internazionale.
Il Polo Universitario ternano è un sistema intorno al quale ruotano una serie di attività complementari d’ordine economico, di supporto logistico e di ricerca che investe i trasporti, il settore immobiliare, la ristorazione, il tempo libero degli studenti, la valorizzazione turistico-culturale del nostro comprensorio.
Di tale interesse si sono trovate investite realtà del circondario, come Collescipoli, che hanno conosciuto un processo di rivitalizzazione del centro storico, investimenti pubblici e privati nati a sostegno di una rinascita culturale e materiale troppo a lungo attesa, nonostante le pressanti richieste provenienti per anni dalla popolazione.
Prima che qualcuno lamenti di ascoltare il solito ritornello di lagnanze ternane nei confronti di Perugia, sarà bene ricordare l’inadeguatezza delle sedi che ospitano alcune facoltà .
Ingegneria ancora dispone di aule senza finestre e di strutture improprie.
In testa, ma soprattutto nelle coscienze, sarebbe il caso di metterci una serie di considerazioni, prima delle quali la valorizzazione del patrimonio formativo degli studenti e dei ricercatori.
Se si ha ancora difficoltà a capire che dall’innovazione, dalla ricerca, dallo studio applicativo delle tecnologie dipende la fisionomia che una città è destinata ad assumere nel tempo, allora significa che qualcosa si è frainteso a livello di indirizzi politici nazionali e regionali.
Peggio ancora se niente si è capito di come l’evoluzione sociale, economica e culturale di una comunità procede.
Troppo spesso l’assenza di umiltà da parte di chi è chiamato a fare delle scelte, l’arroganza di quanti ritengono che una carica politica sia il riconoscimento imperituro di competenze innate, producono i peggiori disastri materiali nella società .
Un esempio concreto è stato il dimensionamento scolastico a Terni: danni enormi, logistici, didattici, organizzativi dovuti alla presunzione di poteri decisionali che hanno obbligato a stravolgere le identità di indirizzi formativi e ogni logica strutturale.
Quei responsabili politici hanno ritenuto di poter fare a meno del confronto dialettico con le parti interessate, dei suggerimenti degli addetti ai lavori, della valutazione delle realtà coinvolte nel processo di dimensionamento, affidandosi esclusivamente a pretese capacità individuali di scelta.
Ecco, con l’Università non facciamo gli stessi errori.
Nessuno è depositario di verità indiscutibili; la gestione del territorio ha esigenze che devono essere confrontate, commisurate e soddisfatte nell’interesse di tutti.
Grazie a Dio, non esiste chi è in grado di assommare in sé ogni settore di conoscenza e più cauti occorre essere quando le scelte da prendere sono destinate a connotare il futuro di un’intera comunità .
Terni, pur adattando nel tempo le vocazionalità territoriali, ha bisogno di seguire una logica progettuale che guarda al consolidamento industriale, sia in termini di siderurgia, che di chimica, sia nel consolidamento del terziario che nella valorizzazione turistica, e per svolgere questo compito necessita di aprirsi al confronto delle idee, ad accogliere ogni utile suggerimento, a dibattere ogni proposta avendo quale obiettivo primario il bene della comunità .
La presenza della TK-AST e di una serie di altre industrie di rilievo nel territorio impone che le soluzioni politiche vengano improntate a favorire lo sviluppo di una filiera che va dalla ricerca all’applicazione pratica delle risultanze di studio.
Quando si è obbligati a costatare che solo una piccolissima percentuale dei laureati in ingegneria viene occupato nell’industria locale, significa che poco si è fatto per favorire un processo di trasferimento degli indirizzi tecnico-formativi dall’Università al mondo del lavoro locale.
Sul banco degli imputati dobbiamo metterci tutti e, dall’amara costatazione del fallimento, trarre almeno la convinzione di evitare gli stessi errori per il futuro.
Alcune problematiche sollevate questi giorni:
• politica degli spazi
• il numero delle docenze rispondenti alla circolare 160 del Ministero;
• il Personale amministrativo per la gestione dell’Università di Medicina;
• Consorzio Universitario nato come cabina di regia e come soggetto per ricevere i finanziamenti da parte di tutti (Istituzioni, fondazione, Università , privati);
• la razionalizzazione delle facoltà (numero delle sedi e analisi dei costi),
ci inducono a riesaminare le scelte fatte sotto un’ottica diversa e precisamente a riconsiderarle come progetto per la città .
Il sistema locale richiede il potenziamento di riferimenti che, in sintonia con le caratteristiche ambientali, si dovrebbero distinguere per l’unicità e per l’ eccellenza.
E’ necessario rendere costante la presenza dei docenti negli Istituti universitari. Attualmente gran parte dei professori viene una volta alla settimana (e per poche ore) da Perugia pretendendo di formare così i giovani corsisti.
Non è questo il tipo di ricerca che vogliamo a Terni, che vuole la città e che serve a studenti e cittadini. Pertanto occorre puntare su una ricerca di qualità in grado di servire e rispondere alle esigenze di settore, concentrare gli studi su specifici campi clinici, renderli poli attrattivi e competitivi, tali da richiamare specificità regionali ed extraregionali.
Le risorse economiche derivanti da questo tipo di programmazione consentiranno ulteriori e susseguenti finanziamenti, in grado di perfezionare conoscenze e competenze fino ad estendere il richiamo a livello europeo e garantire alla città introiti finanziari di sicuro interesse.
Occorre puntare, anche per riprendersi dalla crisi, su tre cose fondamentali:
Educazione Permanente degli Adulti; Centri di Eccellenza Università (con la proposizione di uno stretto legame fra Ingegneria e Medicina nella prospettiva di creare un polo di eccellenza biomedicale).
Nella consapevolezza che lo sviluppo delle nuove tecnologie è il cuore della Strategia di Lisbona, è il traguardo di crescita per il nuovo millennio fissato nel 2000 dal Consiglio europeo: “trasformare l’Europa nell’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e maggiore coesione sociale”, occorre dedicarsi ad una impostazione della conoscenza e dell’innovazione, in grado di aprire una nuova stagione di sviluppo.
Ecco perchè il legame fra l’Istruzione, l’Università , la ricerca, l’impresa, la formazione, l’alta formazione sono tappe di un’unica filiera su cui scommettere non solo per la sopravvivenza del polo universitario ternano, ma anche per legare la città al processo di sviluppo.
Il « Patto per il Territorio » firmato in occasione della vertenza « magnetico » del 2004 impegna il governo, le Istituzioni locali e la multinazionale TK-AST a investire, tra l’altro, sull’Istruzione e sull’Università .
Come si può pensare, infatti, di mantenere efficiente il locale polo industriale della Chimica senza creare le premesse formative nelle sedi della scuola secondaria e dell’Università ?
Il sistema logistico e organizzativo del polo universitario va senza ombra di dubbio rivisto ma, sono del parere che, una volta razionalizzato, le disponibilità finanziarie che restano non possono essere disperse nel mantenimento di corsi che non hanno a che vedere con la vocazionalità del territorio piuttosto che concentrarle nei settori basilari su cui si fonda l’economia locale.
L’occasione di ripensamento del sistema riorganizzativo del Polo universitario serva anche a diversificare lo sviluppo economico nel nostro territorio caratterizzato principalmente da imprese che operano a livello multinazionale e da cooperative di servizi mentre è scarsamente rappresentato nel settore manifatturiero.
Ciò significa che è opportuno investire sui giovani da cui possono arrivare idee utili per creare lavoro, tanto meglio se in grado di affermarsi sotto il profilo di impresa cooperativa nella realizzazione di prodotti finiti.
L’università legata all’innovazione tecnologica è la sfida vincente per essere competitivi sui mercati locali, nazionali e internazionali.