Vicenda Thyssen Krupp


L’intervento di Giorgio Cremaschi, in un articolo apparso su “Liberazione” il 20 aprile scorso a proposito dell’intervento del Consiglio comunale di Terni sul tema Guariniello-Thyssen Krupp, è l’ennesima uscita a vuoto del sindacalista su un argomento, quale la sicurezza, di pressante attualità e costante preoccupazione. Giorgio Cremaschi non ha gradito che il Sindaco di Terni abbia voluto guardare oltre la pena inflitta dal giudice Guariniello all’a.d. della TK-AST, Espenhahn, accusando il Consiglio di avere offeso in tal modo la memoria delle sette vittime del rogo.


La posizione del sindacalista è pretestuosa, sballata, infelice e grossolana. E questo solo per aver supposto che un organo di rappresentanza di una città che da oltre 130 anni si misura quotidianamente con il rispetto dei diritti di chi lavora, possa aver barattato il dolore della tragedia di Torino con un meschino calcolo utilitaristico. Giorgio Cremaschi dovrebbe chiedere pubbliche scuse alla città di Terni.


Spiace che la stessa onda emotiva abbia travolto anche qualche politico locale, che rinunciando a raccogliere la voce dei lavoratori ternani ha preferito allinearsi e coprirsi dietro presunti dictat partitocratici.
Un Consiglio Comunale non ha solo l’obbligo di stigmatizzare aspetti emotivi, morali o politici che investono l’interesse della città, ma è chiamato anche a svolgere e conservare le opportunità occupazionali del territorio. Le due funzioni sono separate. Confonderle giova solo a chi le idee non le ha chiare e prova un piacere perverso nel martellarsi le palle.
Le preoccupazioni espresse dal Consiglio Comunale di Terni non solo sono legittime, per il fatto che rispecchiano il pensiero di oltre duemila famiglie e l’economia dell’intera città, ma intendono costruire l’idea di una sensibilità condivisa circa le vicende che hanno motivato la condanna del giudice Guariniello.


La condanna a 16 anni dell’amministratore delegato della TK-AST è niente rispetto alla perdita umana e alla tragedia che ha colpito le famiglie, Torino e l’Italia. Niente sarebbe stato infliggergli anche pene più severe, e, per assurdo, additarlo al pubblico ludibrio, ma nessun aggravio di pena riporterà in vita le povere vittime. Questa vicenda, come le altre 950 che ogni anno lasciano la loro striscia di sangue in tutto il territorio nazionale, deve servire da monito per datori di lavoro inadempienti, operai disinformati, uffici sprovvisti di controllori, demotivati e privi di risorse finanziarie per le verifiche del caso.


Senza entrare nel merito della sentenza di primo grado, non si può fare a meno, tuttavia, di rilevare che l’innovazione del giudice nel configurare il reato di omicidio volontario con dolo eventuale non ha né precedenti, né ha avuto seguiti, almeno limitatamente alle circa 3.500 morti che si sono verificate dal dicembre 2007, data della tragedia, ad oggi.
Il Consiglio Comunale ha voluto esternare preoccupazione per le pene accessorie richieste dal giudice a corredo delle condanne: blocco del trasferimento a Terni della linea 5, sospensione per sei mesi degli incentivi alla fornitura di energia, di sussidi finanziari e quant’altro era stato ritenuto necessario per la continuità produttiva. Non si tratta di barattare diritti, ma di prendere coscienza di una realtà che guarda al futuro della città attraverso la creazione di un’autentica cultura della sicurezza.


Gli sconvolgenti eventi di Torino, che hanno lasciato tracce indelebili nella coscienza di ogni individuo, non dovrebbero estendere gli effetti devastanti su migliaia di posti di lavoro. In questa considerazione risiede la separazione dei problemi che l’amministrazione di una città deve gestire. Da qui ne consegue che le precisazioni intemperanti di Cremaschi e l’accodamento cieco a posizioni inopportune di qualcuno sono, oltre che fuorviate e fuorvianti, penalizzanti nei confronti di migliaia di lavoratori meritevoli di ben altri esponenti politici e sindacali.


Giocondo Talamonti