Oggi è una giornata importante. Voglio iniziare ringraziando tutti i presenti ed il particolare l’Assessore alla scuola Cinzia Fabrizi, il vicario generale Salvatore Ferdinandi della Diocesi di Terni, Narni, Amelia per aver risposto all’invito con entusiasmo. La Dirigente Prof.ssa Barbara Margheriti per la disponibilità ad essere qui oggi.
Settant’anni fa un gruppetto di ragazzi
iniziava, inconsapevolmente un percorso di vita con beata innocenza, ora si
ritrovano nella stessa scuola che aveva ospitato speranze e aspettative, sogni
e incertezze. La guerra, finita da poco, lasciava gli strascichi dell’indigenza
compensata largamente dalla solidarietà.
Era l’epoca felice in cui bastava un niente
per sentirsi ricchi nello spirito e nel cuore.
La scuola era vista come fucina del sapere,
viva era la convinzione che saper leggere e scrivere fosse un vantaggio per
uscire dalla miseria e dalle privazioni.
Era vista meno come luogo
di educazione comportamentale, perché chi vi entrava conosceva già le regole
civili del rispetto, impartite dalla famiglia, attenta ad inculcare i valori
sociali e morali praticati da chi aveva sofferto gli orrori della guerra.
Un messaggio ai giovani
che lo studio è fondamentale per crescere bene.
A 70 anni dagli stessi
banchi della scuola “Oberdan” vogliamo dire ai giovani che studiare, leggere e
continuare a farlo nell’arco della vita consente di essere liberi e di guardare
ad un futuro di uguaglianza sociale.
Agli inizi del ‘900
l’analfabetismo raggiungeva l’80%, la maggior parte della gente firmava con una
croce, per questo la parola data aveva un valore di contratto e gli accordi
commerciali fra privati erano sugellati da una stretta di mano.
Quella generazione ha
vissuto i licenziamenti negli anni ’50, la riconversione dell’Acciaieria dal
bellico al civile e la grave crisi che portò prima a 700 e poi a 2000
licenziamenti, mettendo sul lastrico migliaia di famiglie.
Dal movimento di lotta prodotto
dal legame sempre più stretto tra fabbrica e città, si è conformata “la classe
operaia" che ha avuto la capacità intellettuale di “vedere” sempre con
chiarezza i contorni delle varie crisi, e tracciare la via per governare i
processi di risanamento industriale che si sono succeduti fino ai giorni
nostri.
Ma torniamo sui banchi di
scuola.
Ho iniziato la prima elementare nel 1952. In
classe eravamo 25 (Armagno Antonio, Biancolatte Eugenio, Buzi Arnaldo, De
Benedictis Alessandro, Evangelisti Sergio, Falchi Roberto, Falsini Pietro,
Ferranti Adriano, Fausti Mario, Fiocchi Renzo, Giovannetti Mario, Guerra
Sileno, Inches Nando, Lisci Vincenzo, Moresi Attilio, Nafissi Fabio, Ricci
Romualdo, Ricciutelli Ernesto, Rossi Franco, Severini Daniele, Talamonti Giocondo,
Tedeschi Renato, Tedeschi Silvano, Trionfetti Paolo, Todini Danilo) e la
maestra era la Signora Maria Spagnoli ved. Moretti.
Era un
periodo in cui gli spostamenti frequenti delle famiglie da un quartiere ad un
altro, comportavano cambiamenti di Istituto e di classe. Tre nuovi iscritti
alla seconda classe (Mazzitelli Mauro, Mattioli Giampiero e Proietti Sandro),
altri due sono stati inseriti in terza elementare (De Rosa Pino e Righi Dario),
altri inserimenti si sono aggiunti in quarta (Chiavetti Piero, Duzi Carlo e
Ricciutelli Rossano) e in quinta (Guarino Tommaso, Lucidi Luciano, Moroni
Massimo e Pietrolati Sergio), altri sono usciti dal gruppo iniziale Armagno
Antonio, Falsini Pietro, Giovannetti Mario, Inches Nando.
Ricordo che la scuola
aveva una bella palestra, ma che ci fu tolta per un periodo abbastanza lungo,
adattata a chiesa in attesa di edificare Santa Maria della Misericordia a Borgo
Bovio, a due passi dalla scuola elementare.
I giovani del palazzo di
via Romagna, n.93 che frequentavano la mia stessa classe erano due, Lisci
Vincenzo e Armagno Tonino. Quest'ultimo emigrò negli Stati Uniti perché il
padre che era un piazzista di stoffe aveva perso lavoro.
Abbiam già festeggiato nel 2002 cinquant'anni
insieme ed in quella occasione la Preside ci ha messo a disposizione i giudizi
di allora, trancianti per tutti, salvo qualcuno. Riproporli oggi significa
l'allontanamento della maestra per incapacità pedagogica.
Nonostante l’abisso fra i metodi del tempo e
quelli odierni, siamo cresciuti con sani valori.
Tutto era più facile a scuola in tema di educazione perché la
famiglia collaborava allo sforzo dell’insegnante. La scuola era un punto di
riferimento per tutti, al contrario di oggi, sottoposta a critiche
ingiuste da famiglie spesso disunite, da
genitori separati che si fanno “perdonare” la colpa con regali, “paghette” settimanali, sostituti
ordinari dell’affetto cui ogni figlio ha diritto. Anche la figura del docente
ha perso prestigio e autorità; gli esempi di reazioni scomposte di genitori insofferenti
agli interventi dei docenti sono all’ordine del giorno. Ho
ricordato le sensazioni vissute sapendo che non sono tanto diverse dalle
vostre, ma il messaggio forte da trasmettere ai nipoti è di considerare lo
studio e l’educazione fattori prioritari della crescita di ognuno.