Il problema delle “liste di attesa” è particolarmente sentito perché, non essendoci stati negli ultimi anni miglioramenti significativi dei tempi di attesa, tra l’altro aggravati dalla pandemia, si traduce in rinunce alla cura della salute e al ricorso alla sanità privata con gravi oneri per i cittadini.
Ciò costituisce una legittima preoccupazione, assolutamente ingiustificabile ed accettabile in una società che guarda al benessere e alla salute dei cittadini. Molti sono i ternani che per esigenze legate al proprio stato di salute e per la propria serenità personale e famigliare sono costretti a rivolgersi a strutture private. È opinione diffusa che sia necessario attivare le necessarie procedure di ottimizzazione nell’organizzazione del lavoro, nelle risorse umane e strumentali utili alla soluzione del problema e dare risposte più consone agli utenti.
Un primo intervento in tal senso è rendere operative le strutture diagnostiche nei giorni festivi e farle funzionare anche di notte per i ricoverati al fine di esaurire le liste di attesa nei vari reparti e assicurare così tempi ragionevolmente brevi. Lo scenario indica che, a partire dal 2011, sono state ridotte le risorse umane e strutturali che hanno penalizzato il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), tagliando l’offerta pubblica di servizi, provocando lo scandaloso allungamento delle liste d’attesa e favorendo l’espansione dell’offerta privata, trainata anche dalla diffusione di varie forme di assicurazioni integrative aziendali. La lezione della pandemia non è servita.
Si spera che quanto prima l’operazione dia i risultati sperati, anche se è evidente il disegno di privatizzare la sanità italiana, oramai in mano al libero mercato. La lentezza che si registra nella ripresa dell’attività ordinaria degli Ospedali ha il pericoloso effetto di abituare i pazienti a rivolgersi al privato. È evidente il danno per i più deboli, sempre più obbligati ad indebitarsi per veder rispettato un diritto. L’articolo 32 della Costituzione prevede, al riguardo, che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività” e l’Articolo 13 dello Statuto della Regione Umbria ribadisce che “la Regione promuove la salute quale diritto universale e provvede ai compiti di prevenzione, cura e riabilitazione mediante il servizio sanitario regionale …nell'attuazione delle politiche sanitarie, ispira la propria azione al principio della centralità e della dignità della persona malata”.
La pandemia avrebbe dovuto indurre a profonde correzioni il sistema sanitario sperimentato in Lombardia e dimostratosi fallimentare nella lotta al Covid. Al contrario, sembra stia ispirando la linea sanitaria in Umbria. Un modello che prevede la cancellazione della rete dei servizi territoriali pubblici, affidando l’erogazione delle prestazioni domiciliari ad agenzie private, instaurando, in campo ospedaliero, una concorrenza tra settore pubblico e settore privato, fortemente squilibrata a favore del secondo. Alla luce della recente emergenza Covid-19, che dura ormai da quasi due anni, il Servizio sanitario pubblico dovrebbe essere assicurato in modo adeguato in tutto il territorio dell’Umbria, anche alla luce delle risorse che potrebbe fornire l’Unione europea. La fruibilità da parte dei pazienti che necessitano di esami diagnostici, visite specialistiche, terapie ed interventi devono, invece, sottostare ad attese snervanti per risolvere i più urgenti aspetti della salute pubblica.
In tale contesto l’impegno dell’Università è importante se adeguerà l’offerta formativa alle esigenze della popolazione e se la Regione saprà rispondere alla comunità ternana attivandosi per un nuovo ospedale di eccellenza.
Tutti i ternani debbono vegliare e rendersi disponibili a una seria lotta popolare in vista del rafforzamento del sistema sanitario locale, privilegiando la salute della persona e non il profitto. Insieme si può.
Giocondo Talamonti