La sensazione dominante di chi
mostra un minimo di attenzione al panorama attuale della nostra società, è che
i legami e i rapporti che la costituiscono si stanno gradualmente dissolvendo. Lo
possiamo vedere nella spasmodica lotta per il consenso che si determina in
quasi tutte le occasioni di confronto fra qualsivoglia soggetti, siano essi
politici o portatori di opinioni diverse. I dibattiti non vengono
legittimamente sostenuti da argomentazioni a sostegno dell’una o dell’altra
posizione, ma sfociano quasi sempre in una demonizzazione dell’avversario di
turno, concepito, spesso, come nemico da abbattere, fino a farlo oggetto di
invettive e degli insulti più volgari possibile. Mentre un soggetto espone le
sue convinzioni il cameramen non manca mai di inquadrare, come da copione,
quella componente di fazione opposta, invitata direttamente per il
contraddittorio o facente parte del pubblico, che oscilla la testa qua e là in
segno di disapprovazione. Un messaggio diseducativo che va rimosso con
l’acquisizione di una cultura collettiva che ponga al primo posto il rispetto
dell’altro. Che ci si deve aspettare, d’altronde, dalle manifestazioni di
opinioni personali da contrapporre a quella degli altri se giornalmente in
televisione si assiste al turpiloquio, all’offesa continua, alla bestemmia,
alla volgarità becera di sopraffare l’interlocutore alzando la voce? Nessun
comportamento sociale è avulso dal tempo che lo vive. Tant’è; ne basta il
richiamo alla moderazione di una voce che si perde nel deserto. O siamo tutti a
reagire oppure teniamoci, come ogni popolo, il re che si merita.