Aveva 70 anni e una passione infinita per il ciclismo. Era lui a radunare gli amici per la sgambata settimanale. A lui piaceva stupirli. Non rimaneva mai indietro. I chilometri aumentavano di volta in volta, i percorsi sempre più impegnativi: salite e ritmi in crescendo. Nelle battute dei compagni e nei complimenti per la resistenza, cominciò a serpeggiare qualche dubbio. Confessò di prendere degli integratori, così almeno diceva. Si divertiva a staccarli in salita. Lo chiamavano “il pirata”, come Pantani. Successe che un giorno, quasi alla fine di un percorso che avrebbe stroncato un professionista, sentì un dolore insistente al petto. Fu costretto a fermarsi. I compagni, rimasti indietro arrivarono con qualche minuto di ritardo. Troppi per essergli d’aiuto.
Fortunatamente non tutti gli eccessi si rivelano tragici; dannosi, però, sempre. Chi pratica lo sport a livello amatoriale deve sapere quali limiti non possono essere travalicati. Il riferimento principale è la conoscenza delle capacità fisiche personali, il controllo regolare delle proprie condizioni di salute. Esasperare le prestazioni non ha senso. Non ci sono premi che valgano il rischio. Il corpo umano è una macchina quasi perfetta dalla quale non si può pretendere l’impossibile. Ogni eccesso si paga e il prezzo è spesso elevatissimo. L’età dell’atleta deve dettare ritmi proporzionati e carichi di fatica compatibili con lo stato di salute generale. Solo in queste condizioni lo sforzo fisico è salutare. L’esercizio fortifica muscoli e funzionalità biologiche, facilita la circolazione sanguigna, abitua gradualmente a sopportare la fatica e assicura resistenza. Quando lo si pratica in gruppo, ha un benefico effetto socializzante, incide nel miglioramento delle relazioni interpersonali e sviluppa spirito di solidarietà. Tutti questi aspetti scompaiono nel caso si inseguano prestazioni non in linea con la condizione biologica dell’atleta. Nel rispetto di questi principi risiede il successo di associazioni sportive come la FIASP, il cui “segreto” principale sta nella non competitività dell’esercizio motorio e nella filosofia che esso è a servizio della salute, sia biologia che psichica.
Giocondo Talamonti
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