In campo tutti, per salvare i posti di lavoro


La vicenda AST rischia di disegnare scenari sociali del tutto nuovi per la città. Tutto dipende dalla soluzione che prevarrà, fra l’ipotesi di conferma e consolidamento del sito siderurgico e la scelta di una diversa economia del territorio, meno dipendente dalla presenza della “Terni”. Per il primo caso, il più auspicabile e più immediato, la posizione  di Palazzo Chigi è centrale. Le forze istituzionali locali hanno poche possibilità di giungere a soluzioni di medio-lungo termine. Il tema travalica le pur buone intenzioni di Comune, OO.SS., Regione, ecc. e consegna al Governo il dovere di trovare sbocchi alla crisi TK-AST, aprendo tavoli di trattativa in campo comunitario e progetti affidabili. Renzi dovrebbe prendere in mano la situazione di stallo, muovendosi su cinque direttive: la  strategicità del sito per gli interessi del Paese ( sia in termini di  qualità dei prodotti, che di potenzialità), con il mantenimento dei volumi produttivi, compattezza del sito (AST, Aspasiel, Tubificio, SdF) e occupazione; l’unità degli obiettivi da rispettare nella realizzazione del percorso; la disponibilità al confronto dialettico e all’analisi degli eventuali interventi utili a una soluzione condivisa; l’ipotesi di un piano industriale alternativo che preveda l'intervento dello Stato, nelle forme che il Premier Renzi riterrà opportuno, e la partecipazione di privati interessati; l’accordo sulla stesura di un nuovo Patto di Territorio che rilanci il comprensorio in profonda crisi e che preveda punti programmatici in quanto irrinunciabili ai fini della competitività. Si dovrà in questa ottica dare risposte concrete all’approvvigionamento di energia e creare condizioni logistiche più favorevoli, grazie al completamento di infrastrutture non più procrastinabili (Terni-Civitavecchia in particolare). L’eventuale riconversione dovrebbe far leva sulla riqualificazione delle competenze e sull’aggiornamento continuo delle maestranze attraverso "l'educazione permanente"; d’accordo con l'istruzione ( Istituti Tecnici e Professionali), l'alta formazione e l'Università per favorire la ricerca e la nascita di imprese ad alto contenuto innovativo; con eventuale accesso alle agevolazioni del Fondo per la crescita sostenibile a favore di progetti di ricerca industriale e di sviluppo.
La situazione del polo industriale ternano s’inserisce nel quadro di una situazione economica dove evidenti sono i danni della recessione, della  disoccupazione e delle retribuzioni ferme. Il profilo economico della città, ancora troppo legato ad un cordone ombelicale resistente al taglio, trasmette ogni crisi al commercio e al terziario in genere. Il pericolo che si corre è di un'emergenza sociale. Per questo ci auguriamo che il 4 settembre vengano messe in atto tutte quelle strategie per restituire al Paese un settore di prestigio economico e tecnologico e per l’Umbria una fonte economica e occupazionale irrinunciabile. Nessuno tollera più le posizioni di stallo che il Governo, a qualunque titolo, mostra di patire. E’ il momento di imporre linee di salvaguardia per l’occupazione interna, alle quali nessun membro dell’Unione europea s’è fatto scrupolo di rinunciare.
Agisca, dunque Renzi, con decisione, scontrandosi, se necessario con durezza nei confronti di quanti si oppongono. Aleggia, sulla squadra che il nostro Premier ha formato, la minaccia di essere travolta dalle circostanze, avverse, ma soprattutto dall’indecisione.
Terni, 13 agosto 2014
Ing. Giocondo Talamonti

(Associazione "E. Berlinguer")






Un Piano Alternativo per l'AST

La triste vicenda TK-AST, che sta attraversando la città, l’Umbria e il Paese è comunque generosa di orientamenti e riflessioni. Fra questi spicca la maturità operaia che, benché offesa nell’esercizio dei diritti, si preoccupa di curare l’ambiente di lavoro indipendentemente dalle soluzioni che le circostanze prospetteranno. Interrompere un sacrosanto sciopero per consentire la messa in sicurezza degli impianti e il completamento delle colate è un segno di attenzione per la funzionalità dei macchinari e di rispetto per la proprietà; un segnale preciso di appartenenza che travalica il rapporto di dipendenza e si pone a difesa di un principio di equità relazionale. Altrettanto senso di responsabilità è stato mantenuto in occasione delle manifestazioni di protesta: Prefetto, Sindaco, Organizzazioni di categoria e soprattutto gli operai a rischio di licenziamento, pur pressati dalle difficili condizioni createsi, sono riusciti a indirizzare la protesta in canoni di civile dissenso.

I giochi saranno decisi in sede europea. Il governo di Renzi, forte del suo semestre, dovrà trovare soluzioni in sede comunitaria, senza posizioni stereotipate, del tipo Italia-Germania, perché il problema non è più ternano, umbro o italiano, ma riguarda l’eccellenza europea della siderurgia da contrapporre alla concorrenza mondiale.

Un ruolo di preminenza dovrà svolgerlo la Commissione Antitrust della UE, sulla quale pesano le responsabilità di aver concorso a provocare, con i suoi ritardi decisionali, l’incancrenirsi della crisi.

Si avverte, intanto, un disagio che rischia di trasformarsi in debolezza: l’assenza di una politica capace di disegnare scenari più certi per il futuro della Comunità, ma anche dell’Italia. Sembra che si stia cedendo ad una sorta di pericolosa rassegnazione, di deleteria apatia o colpevole rinuncia. Se non ci saranno strategie di politica industriale ben delineate, la possibilità di una deriva è sempre in agguato. Le leggi di mercato non hanno più confini regionali o nazionali, ma si proiettano su palcoscenici mondiali. Le eccellenze vanno salvaguardate, difese e incrementate nell’interesse di tutti. E’ questa l’occasione da cogliere per predisporre un piano alternativo in grado di offrire prospettive di crescita agli Acciai Speciali, alla integrità del sito e volumi produttivi tali da garantirel'occupazione, anche con l'intervento dello Stato. Solo così l'AST può rientrare a pieno titolo sul mercato. Il ridimensionamento non è la soluzione. Semmai, la tomba della trattativa e delle opposte posizioni.

Da questa visione di responsabilità e consapevolezza delle parti in causa, deve trarre spunti costruttivi il ruolo che TK, e in genere ogni multinazionale, è chiamata a svolgere nel contesto in cui opera: sia in termini di relazioni umane, sia riguardo al rispetto della sicurezza e dell’ambiente, rivelandosi, quest’ultimo essenziale ai fini della continuità operativa. Ferve l’attesa per le prossime mosse che si faranno all’interno della conclusione della crisi, priva comunque di soluzioni scontate, destinate, quindi, a scelte sofferte. Di questo dramma, che si aggiunge ai tanti altri che quotidianamente arricchiscono la cronaca, l’eco della stampa e della comunicazione deve farsi sentire. All’impegno giornalistico locale deve far seguito l’appoggio dell’informazione nazionale, troppo distratta e quasi assente finora.


Terni, 4 agosto 2014



Ing. Giocondo Talamonti
(Associazione "Enrico Berlinguer")











Fermatela... prima del "dramma sociale"

L'Europa non può stare a guardare nel momento in cui ha procurato il danno con il protrarre i tempi per "salvare" Outokumpu e poi nel consentire l'operazione finanziaria Outokumpu-ThyssenKrupp.

D'altronde alcune avvisaglie di TK si erano già avvertite, Il Presidente di TK Italia Klaus Schmitz dopo la sentenza di condanna per omicidio volontario di Espenhahn si esprimeva così: "...(a seguito della) situazione che si è venuta a creare con il verdetto di Torino sarà difficilissimo lavorare da voi"(dal Giornale dell'Umbria del 18.04.2011). Sulla stessa linea gli altri giornali rimanendo ai soli titoli "C'è il rischio che il processo lo paghino i lavoratori di Terni"; "Thyssen Lo sfogo del presidente Schmitz dopo la sentenza di condanna per Espenhahn 'Sarà difficile lavorare in Italia' "(Corriere dell'Umbria 18.04.2011); analogamente un riquadro del Messaggero del 18.04.2011"Il presidente di TK Italia Klaus Schmitz: 'Vogliamo restare, ma ora sarà difficile lavorare da voi". Nonostante questo il Presidente Almunia ha consentito che la Thyssen si riprendesse l'AST senza un piano Industriale (investimenti, volumi produttivi, occupazione, compattezza del sito). 

L'Associazione "Enrico Berlinguer" invita tutti, a tutti i livelli, a stringersi intorno alla "Terni" in questo momento in cui si avvertono i sintomi del dramma. L'amministratore delegato che si fa scortare non è un bel segnale. Perché? La chiusura anticipata estiva, lo scioglimento dei consigli di amministrazione delle partecipate (SdF, Tubificio, Aspasiel), la diminuzione e retrocessione dei Dirigenti a quadri, i contratti in essere con le agenzie interinali non rinnovati, il prevedere una sola linea di produzione rispetto alle due attuali con volumi produttivi che fanno prevedere esuberi di personale pari a 550 lavoratori tutti giovani con una età media di quarant'anni...

Certo è difficile darsene una ragione quando si discute di un gioiello della siderurgia Italiana ed europea per quanto riguarda gli acciai speciali e un'azienda che rappresenta il 20% del PIL dell'Umbria e il 40% dell'export regionale.

I tempi sono stretti e occorre intervenire subito perché non venga messo in atto un ridimensionamento produttivo e occupazionale.

L’appello è rivolto al Presidente Matteo Renzi, in primis, ma anche a tutti i parlamentari italiani ed europei che, con le istituzioni umbre (Comune, Provincia e Regione) devono attivarsi per difendere il territorio. Non sono escluse dal coinvolgimento le associazioni datoriali che, insieme alle parti sociali, devono far sentire la loro voce, mantenendo il dialogo con il management. 

Fra le possibili soluzioni, si potrebbe prevedere l’acquisizione delle Acciaierie di Terni da parte dello Stato per mezzo di risorse della Cassa Depositi e Prestiti, o ipotizzare la costituzione di una nuova IRI, coinvolgendo (a garanzia del ruolo strategico di questa Azienda), la C.D.P. (Banca controllata per il 70% dal Ministero dell’Economia). 

I temuti tagli potrebbero essere mitigati da uno "scivolo" a vantaggio di lavoratori prossimi alla pensione, per incentivare l'esodo, o allargare le condizioni di riconoscimento di rischio amianto ad un numero di lavoratori comunque esposti al pericolo.

Materia ce ne è per non soccombere. Ma la volontà?

La politica industriale italiana non può permettersi di dipendere da altre realtà estere, seppure comunitarie.



Terni, 1 agosto 2014 

Giocondo Talamonti
(Associazione" E. Berlinguer")