La scuola e il territorio


La scuola e il territorio


Gli studenti dell’Itis, di concerto con la Camera di Commercio, hanno incontrato venerdì 9 marzo, alle ore 9.00, presso la sala “Tripepi” delle officine “Adriano Garofoli” dell’ITIS, l’imprenditore Sergio Rossi.


L’iniziativa mira ad abituare gli studenti alla filosofia d’impresa e a renderli partecipi della cultura che sta dietro ad ogni attività produttiva.
Il nostro territorio ha sempre mostrato una carenza nell’organizzazione imprenditoriale, probabilmente alimentata dalla posizione che la “Terni” ha segnato per un periodo di tempo lunghissimo nell’economia cittadina, formando più dipendenti che imprenditori.


Gli studenti delle quinte classi dell’ITIS, il 12 marzo, alle ore 10.00, e quelli dell’Ipsia, il 26 marzo 2012, alle ore 9.00, presso la sala “Secci” hanno incontrato le piccole e medie imprese del territorio associate alla Confapi, per prendere contatti con le aziende in vista di un successivo stage finalizzato al completamento delle loro abilità e conoscenze. Nella circostanza si vuole favorire il principio dell’alternanza scuola-lavoro e allacciare più stretti legami fra l’imprenditoria e la scuola.




INTERVENTO “Intitolazione biblioteca ITI “Aldo Bartocci” 3 marzo 2012



Nella storia formativa della nostra città due le tappe importanti per le scuole ad indirizzo Tecnico e Professionale:


• la prima (primi anni del 1900) è la creazione di una scuola professionale di Arti e mestieri voluta da Virgilio Alterocca con la possibilità di frequentare l’acciaieria un giorno alla settimana. In acciaieria era prevista anche un’aula per le spiegazioni teoriche seguite da esercitazioni pratiche, con varie visite ai reparti interessati;


• la seconda (negli anni 1950) è che con l’avvento di Aldo Bartocci l’Azienda entra a scuola. Gli studenti di metallurgia vengono affiancati dagli operai della “Soc. Terni” per l’attività pratica in officina. Oggi soltanto un reperto per la storia.


Oggi si sta tentando di coniugare le esperienze del passato per tramutarle in un progetto che faccia compiere un salto di qualità alla scuola e rilanciare il successo dell’industria ternana mediante interventi tesi ad un modello di sviluppo compatibile con le mutate leggi dell’economia, della società e dell’ambiente.


L'unica cura per il Paese e per il nostro territorio, la cui vocazione è fondata su siti industriali e produttivi, è il Lavoro.


Per quanto attiene il Polo chimico, dopo le recenti vicende occupazionali riguardanti la BASELL, è importante che in quell’area si sta prospettando una presenza industriale qualificata e innovativa nel campo della green economy che vede l’interesse della Novamont e di Terni Reserch, e forse anche quello di altre forze imprenditoriali locali.
Per quanto attiene il settore siderurgico. dopo l’annuncio da parte della ThyssenKrupp, di vendere la produzione dell’acciaio inossidabile, l’acquirente Outokumpu, società finlandese leader mondiale nel settore, offre opportunità che meritano un’approfondita analisi valutativa in vista della continuità produttiva del sito di Terni e della difesa della professionalità che le maestranze cittadine si sono sapute costruire nell’arco di oltre cento anni.


Ci sono altre possibilità per il nostro territorio?


Una svolta positiva per il futuro della nostra città potrebbe scaturire dalle idee dei nostri giovani, dalle piccole e medie imprese, dalle istituzioni, dall’università con la nascita di spin-off. Occorre però colmare una grossa lacuna, la mancanza di una cultura d’impresa e di una cultura imprenditoriale. In questa fase di estrema difficoltà, saper operare in rete, affrontare i problemi con la logica di sistema, collaborare con la scuola attraverso tirocini ed alternanza scuola lavoro, rappresentano passaggi obbligati per consentire, al termine degli studi, di mettere in campo forze fresche, magari da selezionare, per essere inserite in un mercato che risulta vincente solo se si punta sulla risorsa umana, sulla qualità dei prodotti e dei processi, sull’innovazione dei macchinari oggi tecnologicamente avanzati, ma che devono saper restare al passo con una tecnologia che cambia a ritmi crescenti.


C’è bisogno di cooperazione e di concorsi di idee per crescere in un contesto, ove dovrebbero essere preminenti figure che sappiano, come fece l’ing. Aldo Bartocci dare impulso innovativo alle produzioni industriali locali. Compito della scuola è formare la persona e fornire giovani motivati e preparati che siano in grado di inserirsi immediatamente nei processi produttivi per avere già sperimentato tirocini e esperienze in Fabbrica durante il percorso formativo.
Il nostro territorio, ha bisogno di un’oculata visione del futuro e della capacità di gestire il presente con scelte coraggiose ed efficaci.

Dopo il tentativo, risultato poi vano, fatto agli inizi degli anni ’90 di diversificare le potenzialità occupazionali del nostro territorio, puntando sull’ampliamento del settore servizi ci si sta accorgendo che la nazione ha bisogno di invertire la rotta e di creare nuove opportunità nei settori produttivi ove mancano le professionalità idonee a garantire lo sviluppo.


Per questo è necessario investire sull’istruzione, sulla formazione e sull’innovazione per sostenere un progetto industriale che sappia interpretare le linee di sviluppo attraverso le quali oggi si recupera competitività. L’Istruzione e l’Università devono gettare le fondamenta di un futuro insieme ai giovani, educandoli e formandoli alla cultura d’impresa.



ORIENTAMENTO

Nessun progetto di sviluppo dell’economia di un territorio può prescindere dal coinvolgimento di tutte le componenti sociali e istituzionali che vi operano. Sapere a priori in quale direzione muoversi non è una curiosità, ma un passo indispensabile. Quello che va spesso sotto il nome di “programmazione”, si riferisce ad un intervento circoscritto ad una determinata realtà operativa.


Per “orientamento” si intende, invece, un quadro totale del sistema economico e sociale di un territorio, dove ogni realtà apporti il suo contributo di esperienza, progettualità, aspirazione a vantaggio di un disegno più generale, comune e condiviso.


Orientare è complesso. Occorre farlo a partire dalla formazione, sulla scorta delle indicazioni provenienti da centri di analisi di sviluppo, appositamente approntati per il monitoraggio dei settori economici.


Preparare le forze di lavoro, avendo ben chiaro il percorso di sviluppo, così come delineato da studi dedicati, facilita non solo le scelte, ma consente di non disperdere energie umane e finanziarie.


La difficoltà maggiore è la sintesi fra le varie componenti sociali. E questo in virtù del fatto che tutte, dico tutte, sono parimenti interessate al comune progetto di crescita.


Ma non è impossibile. Anzi, è auspicabile che il tema venga affrontato nelle sedi opportune per avviare un serio percorso realizzativo. Si guardi, attualmente, agli scompensi che si determinano in materia di richieste occupazionali: servono nella immediatezza oltre 40.000 tecnici da inserire nell’industria pesante. Non ci sono. Sovrabbondano purtroppo altre figure; inservibili o, nel migliore dei casi, costosissime per un’eventuale conversione sia in termini di costi di formazione, che per ritardi.


Si pensi solo al fatto che nonostante la presenza di un polo chimico con prospettive di forte sviluppo e di occupazione, il numero degli iscritti alla prima classe dell’a.s.2012/2013 al corso chimici dell’ITIS è di appena cinque unità.



L’esempio è estensibile a miriadi di altri casi e non investe solo il comparto della chimica penso alle professionalità artigianali richieste dalla Piccola e media Impresa.


Le difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro dipendono come evidenziato , in massima parte, dall’assenza di orientamento, non solo a livello occupazionale immediato, ma come prospettiva di organizzazione sociale.


Illuminante è per tutti noi la visione che ebbe l’Ing. Aldo Bartocci di far maturare tale esigenza nell’interazione tra scuola ed industria.



La giornata di oggi, oltre a commemorare la figura di Aldo Bartocci, ci deve indurre a riflettere sul passato e sul futuro dell’acciaieria per il quale si conta sull’apporto delle figure che interverranno


Orientamento- “Smistamento”, analizzate i flussi!

A proposito di “insegnanti distratti” e di orientamento scolastico mancato quello, tanto per capirci, che ha portato solo otto alunni ad iscriversi al corso di Chimica all’ITIS, sarà bene far capire a tutti come stanno le cose, anche perché nel futuro di Terni, chimica e green economy sono destinate ad avere un posto di rilievo.
Cominciamo dal principio, come si fa annusando la testa del pesce per sapere se è andato a male, e invitiamo enti e istituzioni, ad analizzare i flussi d’iscrizione dalla scuola media agli istituti superiori.


Chi orienta le scelte dei ragazzi e delle famiglie nel passaggio in questione? Non lo fanno i docenti perché privi di informazioni sui progetti di sviluppo del territorio, non lo fanno le istituzioni locali ancora legate a difficoltà di colloquio con la scuola, non lo fanno gli enti preposti alla formazione perché oberati da altri problemi.
Oggi non si fa orientamento.


I ragazzi vengono solo “smistati” dalla scuola dell’obbligo agli istituti superiori con logiche che sarebbe opportuno approfondire e che, quasi mai rispondono alle necessità di ricezione del mercato del lavoro, né ad un progetto di programmazione economica cittadina.


La conseguenza sarà che, nel nome di una presunta libertà di scelta fatta in assenza di indicazioni, dopo cinque anni ci ritroveremo con intere generazioni di liceali che non servono all’industria, con frotte di camerieri che non servono alla scienza, con eserciti di metalmeccanici che non servono al commercio.
Qualche dubbio? Analizzate i flussi!


Giocondo Talamonti


L’occupazione giovanile è in crescita…chiediamoci perchè

Il tasso di disoccupazione in Italia ha raggiunto livelli allarmanti: 9,2%, quasi due milioni e mezzo di persone sono senza lavoro. E’ il prezzo che il mondo occidentale sta pagando alla crisi.


Ma la tragedia che affligge il nostro paese sta nelle percentuali da sottosviluppo che riguardano l’occupazione giovanile. Un giovane su tre non ha impiego; molti hanno rinunciato a cercare un lavoro, aggravando, se possibile, dati già inquietanti. In questo caso, le colpe non vanno imputate solo alla crisi globale, perché la media dei paesi membri dell’Europa è di dieci punti più bassa della nostra: 21,2% contro 31,4%.


I valori rilevati meritano un’analisi minuziosa che individui i motivi che stanno alla base della nostra incapacità di offrire opportunità di accesso al mondo del lavoro alle giovani generazioni.


Il primo elemento che colpisce è l’assenza di programmazione, sia a livello centrale che locale. Manca un sistema organizzato che indichi ai ragazzi in età scolare quali sono i settori che offrono prospettive occupazionali nel medio periodo (3 – 5 anni), quali sono le tendenze dell’economia in genere e di quella locale, dove indirizzare la propria formazione per disporre di maggiori potenzialità lavorative.


Tale carenza informativa e valutativa produce danni economici incalcolabili, perché disperde risorse finanziarie investite per formare individui destinati a settori privi di domanda o dove l’offerta supera la capacità di assorbimento.


Una programmazione così intesa, coincide con il concetto di ‘orientamento’, vale a dire l’elaborazione di indicazioni provenienti da politica, economia, istruzione e formazione sulle potenzialità di sviluppo di una determinata area socio-economica armonizzate con le risorse umane necessarie a dare risposta alla crescita di quel territorio.


Attualmente, il compito di suggerire ai giovani che escono dalla scuola dell’obbligo quale percorso formativo intraprendere, è affidato alle cure materne delle insegnanti di lettere, spesso all’oscuro di strategie di mercato, le quali prendono come unico riferimento le inclinazioni del ragazzo, dedotte dai giudizi acquisiti in sede di scrutinio di classe.


Più che di ‘orientamento’, questa operazione può essere definita di ‘smistamento’. La confusione è amplificata dalle famiglie, le quali, prive anch’esse di informazioni utili a ipotizzare i campi di maggior sviluppo occupazionale, decidono di far intraprendere ai propri pargoli indirizzi di studio condizionandoli alla scelta fatta dal vicino di casa, o dall’amichetto del cuore.


Alla fine del liceo, ci si iscrive all’università, perché si sa che un diploma liceale non serve a niente, se interrotto nella proiezione universitaria. In questa fase, i già tragici effetti patiti si amplificano nuovamente. La scelta della facoltà è fatta ‘a naso’ o, nella migliore delle ipotesi, suggerita da disposizioni individuali. Elemento questo, che non mette al riparo dall’insuccesso professionale, dato che in assenza di una strategia di programmazione le opportunità di trovare occupazione al conseguimento della laurea sono misere.


Senza contare che l’accesso alla facoltà prescelta, grazie proprio all’assenza di informazioni sulle linee di sviluppo del paese, è sottoposto all’umiliazione del numero chiuso, di quiz fantasiosi che determinano ingressi o esclusioni casuali.
Sono queste le circostanze che obbligano chi ha interessi a intraprendere studi di medicina a ripiegare su scienze politiche, frustrando progetti e energie.


Il compito dell’orientatore è complesso e non può gravare esclusivamente su un impegno individuale. Deve, cioè, saper lavorare in gruppo, confrontandosi sistematicamente con operatori economici e analisti di settore. I risultati che scaturiscono devono avere la massima accessibilità da parte delle famiglie interessate al futuro dei propri figli, perché in totale libertà sappiano quali siano gli indirizzi economici della realtà nazionale e locale e perché, sulla base dei dati in possesso scelgano il percorso formativo più adatto al ragazzo e alle potenzialità occupazionali.


Un esempio eclatante l’ha fornito la regione veneta lamentando la difficoltà a reperire sul mercato del lavoro un numero consistente di tecnici metallurgici e meccanici. Ma senza allontanarci troppo, anche la nostra dovrà, a breve, affrontare la medesima situazione, visto che gli studenti iscritti al corso di chimica dell’ITIS sono stati solo cinque. Un territorio che ha fra le sue vocazioni industriali la siderurgia e la chimica deve poter contare su un ricambio sistematico. Se questo non avviene è perché l’informazione è assente, e assente è l’orientamento. C’è da chiedersi quanto costerà alla società riconvertire le abilità acquisite in una fase successiva al diploma, sia in termini economici che di tempo.


Il tema dell’orientamento assume dimensioni enormi per la crescita del territorio e deve poter contare sul coinvolgimento di rappresentanti delle istituzioni e di esperti. Una commissione permanente formata da analisti economici, con il supporto di docenti, opportunamente preparati al ruolo, consentirebbe di estrapolare le tendenze economiche locali, con risultati successivamente portati a conoscenza delle scuole e delle famiglie di ragazzi interessati alla scelta.


All’obiezione, secondo cui una società così programmata nega i diritti alla libera scelta dei cittadini, si può contrapporre che l’orientamento non è una legge ma solo un’indicazione utile ad individuare in quale direzione il treno socio-economico si muove e quali sono i suggerimenti per poterci salire al volo, salvaguardando il diritto di ciascuno di corrergli dietro senza sapere dove e quando si fermi.


Ing. Giocondo Talamonti

I brutti esempi godono del privilegi della visibilità…

Ci si aspettava molto dall’incontro Milan-Juve, prima e seconda in classifica, di sabato 25 febbraio. Ma la sorpresa non è arrivata dal risultato, 1 a 1, ma da una serie di fatti che hanno finito per evidenziare una crisi latente nel calcio e nello sport in genere.


Ad essere preso a calci, non è stato il pallone, com’era logico che fosse, ma i valori fondanti dello sport e, prima ancora, del vivere civile.
Nel corso di quello stesso disgraziato match, Mexes (Milan) ha pensato di poterla fare franca colpendo, non visto, con un pugno Borriello (Juve). Il francese non ha ancora capito che le scorrettezze di gioco, possono essere imputate a posteriori, tramite registrazione dell’incontro.
Il medesimo ricorso non è però utile a stabilire se la palla sia entrata o meno in porta.
Mistero glorioso.


E a proposito di linea di porta, c’è da chiedersi come una palla, che l’abbia varcata per quasi un metro, sia sfuggita alla valutazione di una terna arbitrale di provata esperienza.
O meglio, l’arbitro ha ben interpretato l’azione, confermando la segnatura, ma il guardalinee, in posizione obiettivamente più felice, ha richiamato l’attenzione del direttore, assicurandogli che la palla non era entrata.
Buffon, che nella circostanza l’aveva smanacciata con affanno, ha potuto salvare la sua squadra dalla probabile sconfitta, ma subito dopo s’è fatto il più clamoroso degli autogol.


Al termine dell’incontro, infatti, dichiarava che non sapeva se la palla fosse entrata o meno e che, comunque, se ne avesse avuto certezza, sicuramente non l’avrebbe detto all’arbitro.
Ora, tutti sappiamo che non è il caso di incartarsi in olimpiche considerazioni sull’onestà della gente, sull’obiettività degli sportivi, sulla trasparenza degli atleti.
Tutti siamo a conoscenza che esistono macroscopici interessi dietro a qualsiasi manifestazione sportiva, persino dietro a quelle amatoriali, per cui la dichiarazione di Buffon può far trasecolare gli ingenui, ma non scuote più di tanto chi sta con i piedi per terra.


Non si parli però di ipocrisia, perché così facendo si rischia di liquidare con un’accusa gratuita quella che è, e che resta, una colpa.
Un giocatore della nazionale è oggetto di emulazione per i giovani, i quali non si preoccupano del fatto che il loro idolo rispetti o meno le leggi dello sport, ma accettano tout court lui e le opinioni che esprime.


La leggerezza del portiere della Juve sta, appunto, nella colpevole libertà con cui si è espresso, senza saperne valutare le conseguenze, offrendo ai giovani un esempio di furbizia dozzinale, perfettamente in linea con l’andazzo che ad ogni livello della vita sociale e politica investe il paese in questo particolare momento.
Se Mexes s’è beccato tre giornate di squalifica per il pugno all’avversario, Buffon meriterebbe di non mettere più piede in un campo di calcio.


Il dramma della situazione è che i parsimoniosi casi edificanti che si verificano nei campi di gioco di tutt’Italia e che lasciano sperare bene per il futuro di questa disciplina, sono destinati a restare nel limbo dei buoni esempi. Qualche tempo fa, in un campetto di periferia di Terni, un giocatore che s’era visto assegnare dall’arbitro un calcio di rigore, ha corretto la decisione del direttore di gioco, dichiarandogli che l’avversario non aveva commesso nessuna scorrettezza. Il Sindaco di Terni, in una lettera inviata al selezionatore della nostra nazionale, ha chiesto di valorizzare, nella forma che l’allenatore avesse ritenuto più opportuna, la nobiltà del gesto del giocatore della squadra locale, Fabio Pisacane, per aver respinto, insieme al suo collega del Gubbio, Simone Farina, un tentativo di combine accompagnato dall’offerta di 50.000 euro.


Se ci unissimo tutti nel premiare i gesti positivi che lo sport propone e che stanno alla base della sua essenza, dando visibilità a chi, nel nome della lealtà del confronto, persegue principi di rispetto e coerenza, la leggerezza con cui Buffon ha manifestato le sue opinioni, potrebbe anche passare inosservata.
Ma così non è.
I brutti esempi godono del privilegio della visibilità, rendendo, così, inutili gli sforzi educativi della famiglia e della scuola, condannate a una perpetua lotta contro i tentativi quotidiani di minare il faticoso cammino di formazione di cui sono chiamate a farsi carico.


E’ triste constatare come un buffon qualsiasi possa tanto facilmente incidere nel vanificare sforzi e progetti di una società convinta di non dover mai rinunciare a costruire un mondo più equo e rispettoso dei valori in cui credere.


Ing. Giocondo Talamonti

OTTO MARZO 2012


OTTO MARZO 2012

Prima di festeggiare l’8 marzo, sarebbe utile riflettere che le donne non hanno ancora concluso il loro percorso di emancipazione sociale. E questo a causa di pregiudizi e prevaricazioni. Lo testimoniano i troppi eventi della cronaca che le vedono vittime di soprusi.


Voglio rivolgere agli uomini l’invito ad assumere un consapevole atteggiamento di rispetto e di pari considerazione fra i sessi e alle donne a coltivare il proposito di non cedere in situazioni che le vedano contrapposte sul piano della dignità.


Solo quando le une e gli altri avranno compreso che non esistono fra loro differenze in termini sociali, dedicare l’8 marzo alle donne, avrà senso per affermare, insieme ai principi di uguaglianza, la memoria per le sofferenze da esse patite nel nome della comprensione e dell’armonia famigliare.
Il percorso, ancora lungo e tortuoso, deve essere affrontato con pari impegno da ambedue le categorie, ricordando che è nella scuola e in casa che inizia l’educazione che conduce al riconoscimento indiscusso degli stessi diritti e doveri.


Auguri.
Ing. Giocondo Talamonti