Attorno ad un evento sportivo delle dimensioni di una Olimpiade ruota una miriade di interessi e interessati, tutti con differenti obiettivi. Per non sconvolgere la sintesi che in questa sede ci proponiamo, è bene escludere subito i protagonisti veri, gli atleti.
Seguendo un ordine che procede da un rigore numerico, prendiamo in considerazione il pubblico sparso nel globo, nel quale è lecito identificare la massa degli sportivi, intesi come amanti perduti dello sport, quindi innocenti spettatori. A costoro poco importa dove si svolga un’Olimpiade, attratti come sono dal gesto atletico e dai risultati, attenti, piuttosto, al rispetto delle leggi che regolano le singole discipline e ai principi di lealtà sportiva.
Viene, poi,il coinvolgimento della nazione ospitante, che divide i suoi obiettivi fra “opportunità ” e “accoglienza”. E qui cominciano i guai.
Se l’opportunità è vista come occasione di arricchimento di immagine della nazione o se ridotta a più prosaico momento di arricchimento personale, dipende dal grado di corruzione di quel Paese, assodato che gli illeciti eventuali commessi da una cricca si realizzano con il sostegno di un contorno politico altrettanto corrotto, tanto corrotto da caratterizzare l’atteggiamento di quell’intero popolo.
Ecco, se qualcuno vede riflessa la situazione italiana nel quadro sopra descritto, non deve gridare allo scandalo o farsi prendere dalla depressione. Tutti siamo a conoscenza dei mali che ci debilitano; e se ci coglie una reazione d’orgoglio patrio che la neghi, sono le statistiche mondiali a ricordarcelo: siamo a livello di Uganda, ce la battiamo con il Botswana, fatichiamo a distaccare il Benin. Insomma, siamo i più corrotti d’Europa e perfettamente in sintonia con gran parte dell’Africa.
“Opportunità ” perduta. Ma per chi?
Lasciamo agli spiriti olimpici credere che sia un’occasione mancata per lo Sport. Il ricorso all’espressione muove dai soliti maneggioni, quelli che si fregavano già le mani prima di fregarsi i soldi; quelli di aquilana memoria, quelli pronti a risate di compiacimento per la distruzione di una città e per i suoi 300 morti, allietati dall’idea di ingrassarsi con la ricostruzione.
Bene ha fatto Monti a rinunciare alla candidatura di Roma. Non ha bisogno dei consensi delle urne per ricordarci che dobbiamo ancora crescere, che spendere altri miliardi in un momento come questo, non consola nessuno degli sportivi onesti.
Ing. Giocondo Talamonti