Mi sarebbe piaciuto che si fosse realizzata almeno una delle speranze che avevo riposto in questo 2003, quando mi sono rivolto ai Lettori di “Sportinsieme” nei saluti di fine anno. Se possibile, il quadro mondiale è ancora peggiorato: la guerra in Iraq, l’escalation mediorientale, le difficoltà fra Europa ed America, gli effetti della crisi sud-americana, il divario crescente fra paesi ricchi e poveri, per non parlare della miriadi di conflitti sparsi sulla terra.
Ogni settore di attività che veda l’uomo protagonista, nel bene o nel male, sembra orientato all’egoismo e alla violenza.
Non ultimo quello dello sport, costretto ad annoverare nella cronaca del 2003 i fatti cruenti di Avellino, emblematici della perdita collettiva di valori, o la recrudescenza di casi di doping nel professionismo.
Segnali che scuotono la coscienza di chi lotta per migliorare ogni giorno se stesso e gli altri e che minacciano di gettare sconforto nei propositi di quanti si impegnano per vedere intorno a sé un mondo più giusto.
Penso alla disperazione degli immigrati, pronti a sacrificare la vita solo per continuare a sperare nell’accoglienza di popoli più fortunati, alla loro umanissima aspirazione a credere nella solidarietà dei loro simili, alla volontà di offrire ai propri figli prospettive di vita che si coniughino con la dignità di ogni essere.
Il clima prenatalizio è di per sé lo stereotipo delle buone intenzioni.
In questo scorcio di anno nessuno si sottrae dall’accattivante esercizio della bontà e di mostrarsi generoso con chi soffre, riducendo l’attenzione ad un gesto troppo spesso egoistico.
E’ un atto ideologicamente involuto di scendere a patti con la propria coscienza, una ipocrisia collettiva che offende chi si dedica ogni giorno dell’anno alle cure dei più deboli.
Ma non si deve abbandonare la forza di credere che il mondo possa essere regolato da maggiore equità, specie se si impronta la vita a norme sociali più rigorose nei confronti dei nostri simili e se si è capaci di darsi orizzonti più ampi rispetto all’occlusione di interessi individuali.
Noi fiaspini siamo educati a questo; sentiamo di far pratica sportiva ed etica in ogni manifestazione.
Ci sentiamo protagonisti ed autori di un programma di vita che, insieme alla salute, coltiva le relazioni interpersonali, dando loro dignità e forza.
Concludo con l’invito ai fiaspini di mantenersi fedeli a questi principi, rinunciando a segnali di speranza, solo per il timore che si perdano nell’indifferenza dei più, ed auguro ai lettori di dividere con la propria famiglia la serenità e la forza di continuare a credere in un mondo migliore.
Ing. Giocondo Talamonti